È tornato libero – anche se lontano dalla sua Sicilia – il palermitano Alessandro Del Giudice, avvocato penalista al servizio del boss di Misilmeri Pietro Formoso, i cui fratelli, Giovanni e Tommaso, scontano l’ergastolo per la strage di via Palestro. A renderlo noto è l’avvocato salernitano Leopoldo Catena, che assiste l’imputato, a cui sono già stati inflitti 4 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione in primo grado, anche per reati legati all’usura e all’accesso abusivo a sistemi protetti. L’uomo ha esercitato la professione di avvocato penalista a Palermo per ben 25 anni, quando il 20 settembre 2021 viene raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare per concorso esterno in associazione mafiosa, nell’ambito del processo nato dall’inchiesta “Araldo”. Fin dall’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare, ha iniziato un percorso di collaborazione con la giustizia a seguito di una profonda meditazione mistico-religiosa interiore che lo ha condotto a una resipiscenza seguita da un profondo ravvedimento, come ha ricordato il suo legale di fiducia. Successivamente, il 9 dicembre 2021, a seguito della collaborazione processuale, l’avvocato legato al boss è stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari nel comune di Agropoli, a salvaguardia delle esigenze cautelari previste dall’art. 274 Cpp. «Sono decorsi ben 3 anni e 2 mesi della misura cautelare degli arresti domiciliari ed oggi, con provvedimento della Corte di Appello sez. I di Palermo, è stata accolta l’istanza di sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella di dimora nella regione siciliana, a seguito di un’istanza inoltrata dall’avvocato Leopoldo Catena del foro di Salerno. Si tratta di un grande passo verso la libertà definitiva ed esempio di chi realmente vuole reinserirsi socialmente a seguito di errori che si possano commettere nel corso della vita – ha dichiarato il legale. La Corte ha accolto la richiesta di sostituzione a seguito del venir meno delle esigenze cautelari previste dall’articolo 274 del Cpp.Del Giudice, che è stato in carcere dal 20 settembre al 9 dicembre 2021 e poi ai domiciliari con divieto di dimora in Sicilia, per i giudici “ha cambiato vita” vivendo lontano “dal torbido ambiente mafioso in cui era invischiato” e “ha compreso l’entità e la gravità delle condotte devianti che hanno contrassegnato quella fase della sua vita”. “L’imputato – scrive la Corte d’Appello nel suo provvedimento – ha lasciato da anni il territorio di criminogenesi di Ficarazzi, ove esercitava la professione di avvocato (che pure ha sfruttato per l’agevolazione a Cosa Nostra), per costruire un nuovo regime di vita ad Agropoli, dove risiedono il padre e la madre, e dove dal 15 settembre 2022 è addetto a mansioni esecutive nel deposito della Tecno Impianti srls, con autorizzazione all’uscita tutti i giorni della settimana”. Anche alla luce dei tre anni trascorsi da detenuto e della revisione critica dei suoi trascorsi “è possibile ora revocare il regime degli arresti domiciliari e sostituire la misura con quella più tenue del divieto di dimora nel territorio siciliano, pur valutate le esigenze di alloggio e di lavoro, con connesso divieto di accesso salvo specifica autorizzazione giudiziale”.
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