Romania, allerta per possibile sconfinamento di droni russi durante un attacco all’Ucraina

La Romania ha riferito di una possibile violazione del suo spazio aereo durante gli attacchi dei droni russi nella notte tra venerdì 29 e sabato 30 settembre 2023 alle infrastrutture della vicina Ucraina. Il ministero della Difesa ha riferito che, «in seguito al rilevamento di gruppi di droni che si dirigevano verso il territorio ucraino vicino al confine rumeno», i residenti delle municipalità di Tulcea e Galati sono stati allertati. «Il sistema di sorveglianza radar ha indicato un possibile ingresso non autorizzato nello spazio aereo nazionale, con un segnale rilevato su una rotta verso il comune di Galati», ha aggiunto.

Nessun oggetto sembra essere caduto in territorio rumeno

Sempre la Difesa ha dichiarato che nessun oggetto sembra essere caduto in territorio rumeno, ma le ricerche continueranno. Intorno alla mezzanotte, i residenti di Galati e Tulcea, che si affacciano sul porto di Reni nell’Ucraina meridionale attraverso il Danubio, hanno ricevuto un avviso che li invitava a mettersi al riparo. Le misure di allerta sono state revocate circa due ore dopo. All’inizio di settembre, i soldati rumeni hanno costruito rifugi antiaerei per proteggere i residenti del villaggio rumeno orientale di Plauru dopo il ritrovamento di frammenti di droni nella zona.

I Paesi Bassi e la Danimarca forniranno caccia F-16 all’Ucraina

Il primo ministro olandese Mark Rutte ha ufficializzato l’impegno di Paesi Bassi e Danimarca a fornire caccia F-16 all’Ucraina. In un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha affermato che gli aerei saranno consegnati una volta soddisfatte alcune condizioni, che non ha specificato. Era da tempo che Kiev chiedeva i sofisticati velivoli lamentando uno svantaggio rispetto ai mezzi a disposizione dell’aeronautica russa.

Zelensky: «Decisione storica»

Si tratta di una decisione «storica, potente e stimolante per noi», ha affermato il leader di Kiev durante una conferenza stampa con Rutte in una base dell’aeronautica militare di Eindhoven. Zelensky si è infatti recato nel Sud dei Paesi Bassi per visitare una base aerea dopo che gli Stati Uniti avevano dato il via libera all’invio dei caccia americani F-16 all’Ucraina. È atterrato intorno a mezzogiorno di domenica 20 agosto 2023, ha riferito una portavoce del governo olandese, e ha ispezionato i velivoli che sperava di ottenere e che gli saranno consegnati in modalità ancora non note. «Questo è un altro passo verso il rafforzamento dello scudo aereo del nostro Paese», ha aggiunto.

Yermak: «Non c’è pace senza sicurezza»

Soddisfatto anche Andriy Yermak, capo dell’ufficio di Zelensky, che su Twitter ha scritto: «Sono grato a tutti i nostri partner europei. La sicurezza è la base della formula di pace del presidente e gli F-16 sono parte integrante di questa sicurezza».

Drone sulla stazione della città russa Kursk: cinque feriti

Mosca ha reso noto che almeno cinque persone sono rimaste ferite nella stazione della città russa di Kursk quando un drone ucraino è caduto sul tetto dello scalo ferroviario. Il governatore regionale Roman Starovoit ha affermato che lo schianto del velivolo «contro l’edificio ha provocato un incendio sul tetto e cinque persone sono rimaste leggermente ferite da schegge di vetro». Con oltre 1,1 milioni di abitanti, Kursk è il capoluogo dell’omonima regione russa che confina a Ovest con l’oblast ucraina di Sumy. Quest’ultima è ormai quotidianamente bersaglio di bombardamenti da parte dei militari russi. Secondo Kiev, solo nella giornata di sabato 19 agosto 2023 la regione è stata colpita da circa 25 attacchi per un totale di quasi 250 esplosioni.

Drone anche su Mosca: chiusi due aeroporti

Un altro drone «proveniente da Sud ha tentato di sorvolare Mosca durante la notte ed è stato fermato dalle forze di difesa aerea», ha affermato il sindaco della capitale russa Sergey Sobyanin. Un fatto che ha portato alla chiusura temporanea degli aeroporti Domodedovo e Vnukovo, come reso noto dall’agenzia Tass che ha citato un rappresentante dei servizi del traffico aereo russo. Il ministero della Difesa russo ha dichiarato che l’apparecchio è stato abbattuto e si è schiantato nel distretto di Stupino, fuori Mosca. Nella mattinata di domenica 20 agosto, gli aeroporti sono stati riaperti e sono tornati alla loro normale attività.

Zelensky giura vendetta dopo l’attacco a Chernihiv

Intanto è salito a sette morti e 148 feriti il bilancio dell’attacco russo alla città ucraina di Chernihiv. Tra le vittime anche una bambina di sei anni di nome Sofia. Il presidente Zelensky ha annunciato che «i nostri soldati risponderanno alla Russia per questo attacco terroristico e sarà una risposta notevole».

Chernihiv, bombe russe sul centro della città: morti e feriti

Le forze russe hanno bombardato il centro della città di Chernihiv, nel nord dell’Ucraina. Lo riferiscono le autorità, scrive il Kyiv Independent citando il governatore Viacheslav Chaus. Lo stesso ha affermato che la cittadina è stata presa di mira «probabilmente con un missile balistico» e ha invitato la popolazione a «rimanere nei nascondigli». Ci sarebbero, secondo un primo bilancio del ministero dell’Interno, cinque morti e 37 feriti.

Zelensky: «Colpiti università e teatro»

Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha confermato che l’esercito russo ha colpito la piazza centrale della città settentrionale, compresi un teatro e un’università, avvertendo che ci sono vittime. Questo quanto ha scritto su Telegram: «Un missile russo ha colpito proprio il centro della città, nella nostra Chernihiv. Una piazza, il politecnico, un teatro. Un sabato qualunque, che la Russia ha trasformato in un giorno di dolore e perdita. Ci sono morti, ci sono feriti». Zelensky ha quindi pubblicato un video del luogo dopo il bombardamento in cui si vedono detriti attorno a un grande edificio di epoca sovietica, con auto parcheggiate intorno parzialmente distrutte, tetti frantumati e finestre esplose. Sui social è invece diventato virale il filmato che riprende l’esatto momento dell’attacco:

Dopo aver reso noto il primo bilancio dell’accaduto, il ministro dell’Interno Igor Klymenko ha così dichiarato sul suo canale Telegram: «In un sabato mattina festivo la gente stava uscendo dalla chiesa con ceste di mele consacrate. Ci sono 42 persone coinvolte nell’attacco russo sul Teatro Drammatico di Chernihiv». In Ucraina, come in altri Paesi dell’est Europa, si celebra infatti l’Apple Feast Day, una festa ortodossa.

Le forze russe hanno marciato attraverso Chernihiv quando hanno invaso l’Ucraina il 24 febbraio 2022, da diverse direzioni, inclusa la Bielorussia. Sono stati poi respinti dalle forze di Kiev. Da allora, l’Ucraina settentrionale è stata in gran parte risparmiata dai feroci combattimenti che hanno infuriato a Est e a Sud.

 

 

Intelligence Gb: «Le forze di Kiev continuano ad avanzare a Sud»

Le forze ucraine hanno continuato la loro avanzata nel Sud lungo il corso del fiume Mokri Yaly, mettendo in sicurezza il villaggio di Urozhaine di fronte alla dura resistenza russa. È quanto ha reso noto l’ultimo rapporto dell’intelligence del ministero della Difesa britannico secondo quanto scritto dal Guardian. «Nel Nord, le forze russe hanno continuato a sondare gli attacchi nell’area di Kupiansk, ma non hanno ottenuto progressi significativi. Dall’altra parte del fronte, entrambe le parti affrontano una sfida simile: tentare di sconfiggere forze ben trincerate pur disponendo di forze limitate disponibili per aprire nuovi assalti», si legge ancora nel rapporto. Secondo l’intelligence degli Stati Uniti, la controffensiva di Kiev non raggiungerà comunque gli obiettivi prefissati, tra cui quello di riconquistare Melitopol (città chiave del Sud-Est del Paese) – passo cruciale per spezzare il corridoio terrestre che collega la Russia alla Crimea da quando le forze di Vladimir Putin hanno conquistato tutta la costa ucraina sul Mare d’Azov.

 

Guerra in Ucraina, gli Usa potrebbero fornire a Kyiv missili Atacms

Secondo quanto riportato dal New York Times, che cita due funzionari americani e uno europeo, nell’amministrazione Usa sono in corso discussioni segrete riguardanti il possibile invio di missili a lungo raggio Atacms in Ucraina: si tratta di armi con una gittata di circa 300 chilometri, dunque sufficiente per colpire la Russia dal territorio ucraino. Kyiv chiede da tempo questi missili, ritenendoli cruciali per sconfiggere il nemico russo, ma finora gli Stati Uniti si sono opposti al loro invio. Essendo in grado di raggiungere il territorio russo o la Crimea, il loro utilizzo potrebbe portare a un pericoloso rischio di escalation del conflitto.

Guerra in Ucraina, gli Usa potrebbero fornire a Kyiv missili Atacms: hanno una gittata di 300 chilometri, sufficiente a colpire la Russia.
I missili Atacms chiesti da Kyiv hanno una gittata di 300 chilometri (Getty Images).

Washington nicchia: ha da tempo destinato i missili ad altri piani militari 

Da parte sua l’Ucraina ha assicurato che non li utilizzerà per colpire obiettivi sul territorio russo, ma solo per liberare i territori occupati. Inoltre, i funzionari americani che hanno parlato con il New York Times hanno sottolineato che l’arsenale Atacms è relativamente piccolo e che questi missili sono da tempo destinati ad altri piani militari del Pentagono, tra cui la penisola coreana, dove la tensione è sempre molto alta. L’Army Tactical Missile System è un missile superficie-superficie in servizio dal 1991 presso l’esercito statunitense e prodotto dalla Lockheed-Martin in varie versioni, con gittata da 140 a 300 chilometri: un rappresentante dell’azienda ha fatto sapere che in tutto ne sono stati prodotti 4 mila esemplari.

Guerra in Ucraina, gli Usa potrebbero fornire a Kyiv missili Atacms: hanno una gittata di 300 chilometri, sufficiente a colpire la Russia.
Lancio di un missile Atacms (Getty Images).

Francia e Regno Unito hanno detto sì alla fornitura di missili dalla gittata simile

Al vertice Nato di Vilnius la Francia si è impegnata a fornire all’Ucraina missili a lungo raggio Scalp, con una gittata di 250 chilometri, a loro volta un sistema d’arma simile ai Storm Shadow, che il Regno Unito ha consegnato all’esercito ucraino a maggio. La mossa di Parigi potrebbe avere conseguenze diametralmente opposte: da una parte Washington potrebbe dire no a Kyiv, che ha già ottenuto missili a lungo raggio; dall’altra invece potrebbe acconsentire, visto che in fondo gli ucraini sono già in grado di colpire da lunga distanza.

Guerra in Ucraina, Kyiv ha ammesso l’attacco al ponte di Kerch

Il governo di Kyiv ha ammesso per la prima volta di essere responsabile dell’attacco che ha danneggiato gravemente il ponte di Kerch, che collega Russia e Crimea, avvenuto l’8 ottobre 2022. Nel 500mo giorno della guerra, la vice ministra della Difesa Hanna Malyar ha pubblicato su Telegram un elenco delle azioni più importanti messe a segno dall’esercito, osservando che la data dell’8 luglio ha segnato anche il «273esimo giorno dal primo attacco sul ponte di Crimea sferrato per rompere la logistica dei russi». Il ponte di Crimea, inaugurato a maggio del 2018, fu fatto saltare in aria con esplosivo portato da un camion bomba. La detonazione coinvolse anche un treno merci che trasportava combustibili, facendo crollare due campate della carreggiata nord del ponte stradale, che corre in direzione Russia-Crimea. Il ponte di Kerch è stato riaperto al traffico stradale il 23 febbraio 2023 e a quello ferroviario il 5 maggio.

Guerra in Ucraina, Kyiv ha ammesso l’attacco al ponte di Kerch tramite un messaggio Telegram di una viceministra.
Le fiamme sul ponte dopo l’esplosione (Getty Images).

Nel 500esimo giorno di guerra Zelensky ha visitato l’Isola dei Serpenti

Se l’attacco al ponte di Kerch è uno degli episodi della guerra rimasti nella memoria di tutti, altrettanto si può dire di un altro, avvenuto proprio all’inizio del conflitto: il botta e risposta («Nave da guerra russa, vai a farti fottere!») tra l’incrociatore Moskva e i 13 soldati ucraini a difesa dell’isola dei Serpenti, molto importante dal punto di strategico data la sua posizione nel Mar Nero. In occasione del 500esimo giorno dall’invasione russa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha visitato l’isola, rendendo omaggio ai caduti e mettendo in risalto il coraggio dei militari di Kyiv. «Oggi siamo sull’Isola dei Serpenti, che non sarà mai conquistata dagli occupanti, come tutta l’Ucraina, perché siamo il Paese dei coraggiosi», ha dichiarato il capo di Stato in un video diffuso sui social media.

Guerra in Ucraina, Kyiv ha ammesso l’attacco al ponte di Kerch tramite un messaggio Telegram di una viceministra.
Il ponte du Kerch, inaugurato nel 2018 (Getty Images).

Zelensky, il viaggio a Istanbul e lo strappo tra Russia e Turchia

Zelensky non è stato solo sull’Isola dei Serpenti, ma anche e soprattutto a Istanbul, dove ha incontrato Recep Tayyip Erdogan. E dalla Turchia è tornato con cinque ex prigionieri di guerra del battaglione Azov, che Erdogan appunto ha consegnato violando gli accordi con Mosca. I cinque comandanti erano stati infatti rilasciati dalla Russia a settembre a condizione che rimanessero in Turchia, sotto la protezione del presidente, fino alla fine del conflitto. I soldati rientrati in Ucraina hanno già detto di voler tornare al fronte. Il Cremlino ha reagito con durezza: «Sono stati violati gli accordi. Ankara non ci ha informati».

Guerra in Ucraina, dagli Usa bombe a grappolo per l’esercito di Kyiv

Gli Stati Uniti rompono gli indugi e autorizzano l’invio delle controverse munizioni a grappolo all’Ucraina ignorando l’imbarazzo di alleati come Germania e Francia, così come gli appelli degli attivisti per i diritti civili e le minacce della Russia. La decisione, legata a un nuovo pacchetto di aiuti da 800 milioni di dollari, è motivata dalla carenza di munizioni tradizionali occidentali e dai timori sul ritmo della controffensiva ucraina, che procede più lentamente del previsto. «È stata una decisione molto difficile. Ne ho parlato con i nostri alleati e ne ho discusso al Campidoglio. Gli ucraini stanno esaurendo le munizioni. E questa è una guerra che ruota attorno alle munizioni», ha dichiarato Joe Biden.

Zelensky: «Un tempestivo, ampio e necessario pacchetto di aiuti. Siamo grati al popolo americano e al presidente Biden»

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato gli Usa per la nuova fornitura di aiuti militari (la 42esima), di cui fanno parte le munizioni a grappolo. «Un tempestivo, ampio e necessario pacchetto di aiuti alla difesa dagli Stati Uniti. Siamo grati al popolo americano e al presidente Joe Biden per i passi decisivi che avvicinano l’Ucraina alla vittoria sul nemico e la democrazia alla vittoria sulla dittatura», ha scritto su Twitter. «L’aumento delle capacità di difesa dell’Ucraina fornirà nuovi strumenti per liberare la nostra terra e per rendere la pace più vicina». Nel pacchetto sono inclusi anche veicoli corazzati Bradley e Stryker e una serie di munizioni, come proiettili per obici e il High Mobility Artillery Rocket System, sistema missilistico di artiglieria ad alta mobilità.

Guerra in Ucraina, dagli Usa bombe a grappolo per l’esercito di Kyiv. Zelensky ringrazia: «Pace più vicina».
Bambini ucraini giocano attorno all’involucro di una bomba a grappolo (Getty Images).

Le bombe a grappolo sono vietate dalla convenzione di Oslo, che però Usa, Ucraina e Russia non hanno firmato

Le bombe a grappolo sono ordigni, in genere sganciati da velivoli o elicotteri e talvolta con artiglierie, razzi e missili guidati, contenenti un certo numero di submunizioni: quando esplodono in aria, rilasciano queste piccole munizioni, che vengono disperse a distanza. Sebbene siano progettate per scoppiare a contatto con il suolo, una parte delle “bomblets” resta inesploso, con il rischio di provocare mutilazioni o uccidere anche dopo anni e soprattutto tra i bambini, che spesso le scambiano per dei giocattoli.

Guerra in Ucraina, dagli Usa bombe a grappolo per l’esercito di Kyiv. Zelensky ringrazia: «Pace più vicina».
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (Getty Images).

Nel 2008 a Oslo è stata firmata una convenzione per mettere al bando qualsiasi produzione e uso di munizioni a grappolo, sottoscritta da 123 Paesi ma non da Stati Uniti, Russia e Ucraina. «Sarebbe una pericolosa escalation», aveva tuonato l’ambasciatore russo all’Onu Vasily Nebenzya, parlando della possibilità di bombe a grappolo in dotazione all’esercito di Kyiv, “dimenticando” che quello di Mosca le utilizza già dall’inizio del conflitto.

La Russia addestrerebbe delfini, beluga e foche contro gli incursori nemici

Delfini nel porto di Sebastopoli, beluga e foche nell’Artico. Secondo l’intelligence britannica, la Russia utilizza mammiferi addestrati per difendersi dalle incursioni nemiche. Gli 007 di Londra hanno pubblicato sul profilo Twitter del ministero della Difesa una serie di immagini satellitari in cui si possono osservare numerosi recinti attorno alla base navale di Sebastopoli. «Mosca vi fa ricorso per differenti missioni», hanno scritto i britannici. «Quelli di stanza a Sebastopoli probabilmente servono per contrastare i sommozzatori nemici». Come riporta il Moscow Times, già dagli Anni 60 l’Unione Sovietica utilizzava la base per l’addestramento militare degli animali.

Secondo gli 007 britannici la Russia usa i delfini per difendere il porto di Sebastopoli. E nell’Artico ha schierato beluga e foche.
Un esemplare di delfino tursiope, la specie usata a Sebastopoli (Getty Images).

LEGGI ANCHE: Crimea, turismo in crisi per colpa della guerra in Ucraina

La Russia ha raddoppiato i recinti a Sebastopoli nell’arco di tre mesi

Fra aprile e giugno, la Russia ha intensificato la costruzione di recinti galleggianti per mammiferi nel porto,. Gli 007 ritengono che ospitino principalmente delfini tursiopi, una specie nota per l’elevata capacità cognitiva e la curiosità nei confronti degli esseri umani. Le immagini satellitari mostrano quattro strati di reti e barriere nel porto sul Mar Nero assieme a una serie di fortificazioni. Difficile, come ha sottolineato anche il Moscow Times, stabilire con certezza quali compiti Mosca abbia affidato ai mammiferi marini, ma è probabile che siano stati addestrati ad attaccare i sommozzatori nemici. Già nel 2012 la Marina russa era stata accusata di sviluppare un programma per insegnare ai delfini a colpire con coltelli e pistole posizionati sul capo.

Quanto all’Artico, la Russia farebbe affidamento secondo i britannici su beluga e foche, più adatti al clima rigido della zona. Proprio a fine maggio, a largo delle coste svedesi era riapparso il beluga Hvaldimir, già avvistato in Norvegia nel 2019 e sospettato di essere una “spia” di Mosca per via di un’imbracatura per telecamera sul suo corpo. Secondo le autorità scandinave l’esemplare di età compresa fra 13 e 14 anni sarebbe scappato da un recinto e addestrato dalla Marina russa. Dal canto suo, il Cremlino non ha mai fornito una risposta ufficiale, alimentando così le speculazioni.

LEGGI ANCHE: In Ucraina mezzi inutilizzabili e armi obsolete: cosa non va nelle forniture militari

In Ucraina mezzi inutilizzabili e armi obsolete: cosa non va nelle forniture militari

Dall’indipendenza nel 1991, l’Ucraina nel corso degli anni ha venduto un’ampia porzione delle sue vaste scorte di armi dell’era sovietica, ottenendo grossi profitti: l’arsenale del Paese, in particolare, si è ridotto durante la presidenza del filorusso Viktor Yanukovich. Il problema della scarsità degli armamenti è venuto alla luce in occasione dell’annessione unilaterale della Crimea da parte della Federazione Russa, poi con la guerra del Donbass e, ancor di più, con l’invasione su larga scala iniziata il 24 febbraio 2022. Quando la Russia ha attaccato l’Ucraina, Kyiv si è trovata alla disperata ricerca di armi e munizioni. Come sottolineato a inizio aprile dal segretario generale della NatoJens Stoltenberg, «gli alleati hanno erogato quasi 150 miliardi di euro di sostegno all’Ucraina, inclusi 65 miliardi di euro di aiuti militari». Ma, come riporta un’inchiesta del New York Times, le autorità ucraine hanno pagato più di 800 milioni di dollari ai fornitori occidentali nel corso dell’anno passato, in base a contratti rimasti in tutto o in parte inadempiuti: moltissime le armi che non sono state consegnate, tanti i mezzi incapaci di muoversi o sparare, buoni tutt’al più per recuperare qualche pezzo di ricambio.

Mezzi inutilizzabili e armi obsolete, cosa non va nelle forniture militari all'Ucraina
La bandiera ucraina apposta su un mezzo arrivato dagli Usa (Getty Images).

Il 30 per cento dell’arsenale di Kyiv è costantemente in riparazione

Che qualcosa vada male, nella frenesia della corsa alle armi, ci sta. Molti delle forniture da parte degli alleati occidentali comprendevano armi di ultima generazione, come i sistemi di difesa aerea americani che si sono dimostrati altamente efficaci contro droni e missili russi. Ma in altri casi gli alleati hanno fornito attrezzature finite da tempo nei magazzini che, nella migliore delle ipotesi, necessitavano di ampie revisioni. Come scrive il Nyt, il 30 per cento dell’arsenale di Kyiv è costantemente in riparazione: un tasso elevato, soprattutto per un esercito che ha bisogno di tutte le armi per dare il via all’attesa controffensiva.

Il caso dei 33 obici donati dall’Italia, poi riparati (male) in Florida

L’inchiesta del quotidiano statunitense cita la consegna di 33 obici semoventi M109 messi fuori servizio alcuni anni fa, donati all’Ucraina dall’Italia, «richiesti, comunque, da parte ucraina, nonostante le condizioni, per essere revisionati e messi in funzione, vista la urgente necessità di mezzi per fronteggiare l’aggressione russa», come precisato dal ministero della Difesa. Non è tanto il fatto che gli obici fossero da revisionare: Roma lo ha messo in chiaro e Kyiv li ha voluti lo stesso. Ma quanto successo dopo. Come scrive il New York Times, il governo ucraino ha inviato i pezzi d’artiglieria alla Ultra Defense Corporation di Tampa, in Florida, pagando quasi 20 milioni di dollari per la riparazione. Quando 13 dei 33 obici sono finalmente arrivati in Ucraina, si sono rivelati «non adatti a missioni di combattimento».

Mezzi inutilizzabili e armi obsolete, cosa non va nelle forniture militari all'Ucraina. L'inchiesta del New York Times.
Un Humvee dell’esercito americano (Getty Images).

Gli Humvee arrivati in Polonia con le gomme a terra

Nell’estate del 2022 a un’unità dell’esercito americano è stato ordinato di spedire 29 Humvee in Ucraina da un deposito a Camp Arifjan, una base in Kuwait. Alla fine di agosto, gli appaltatori privati incaricati di revisionare i mezzi avevano riparato trasmissioni, batterie scariche, perdite di fluidi, luci rotte, serrature delle porte e cinture di sicurezza sugli Humvee, facendo sapere che tutti e 29 gli automezzi militare da ricognizione dell’esercito americano erano pronti per l’Ucraina. Il lavoro era stato verificato, a quanto pare, dall’unità dell’esercito Usa di stanza in Kuwait. Ma, quando gli Humvee sono arrivati in Polonia, si è scoperto che le gomme di 26 mezzi su 29 erano inutilizzabili. Ci è voluto quasi un mese per trovare abbastanza pneumatici sostitutivi, il che «ha ritardato la spedizione di altre attrezzature in Ucraina e ha richiesto manodopera e tempo significativi», ha rilevato un rapporto del Pentagono. Ma gli appaltatori si sono fatti comunque pagare a caro prezzo per il loro servizio.

Manutenzione pessima, ma pagata a caro prezzo

La stessa cosa, aggiunge il Nyt, è successa con una fornitura di obici M777, sempre da parte della stessa unità. I pezzi di artiglieria erano in condizioni talmente pessime da essere stati rimandati al mittente, che dunque li ha riparati due volte. Ma sono solo alcuni esempi, riguardanti peraltro mezzi e armi che, alla fine, sono arrivate nella disponibilità di Kyiv.

Mezzi inutilizzabili e armi obsolete, cosa non va nelle forniture militari all'Ucraina. L'inchiesta del New York Times.
Lo sparo di un obice M777 a Bakhmut (Getty Images).

Come hanno precisato gli interlocutori del New York Times, che hanno partecipato all’acquisto di armi, in diversi casi la fornitura non è nemmeno avvenuta e non sempre gli intermediari hanno restituito il denaro. Diversi i contratti che non sono stati rispettati dall’inizio della primavera 2023, come persi nella frenesia da controffensiva. Che, forse non a caso, tarda ad arrivare.

Crimea, turismo in crisi per colpa della guerra in Ucraina

L’industria del turismo in Crimea si prepara a una nuova estate di crisi. Per il secondo anno consecutivo, la penisola sul Mar Nero assiste a una diminuzione dei flussi turistici, dato che i vacanzieri russi rivolgono la loro attenzione su mete più sicure e tranquille. Come riporta il Moscow Times, decine di strutture ricettive rischiano la chiusura, in quanto non sono più in grado di comprare l’occorrente per ospitare i viaggiatori. A nulla sono servite le promesse e le rassicurazioni di Vladimir Putin che, dopo l’annessione del 2014, aveva garantito prosperità e ricchezza grazie anche a investimenti di Mosca. Spaventati ristoratori e proprietari di alberghi: «Abbiamo abbassato i prezzi, ma con l’aumento dei costi non ce la facciamo».

La guerra in Ucraina spaventa i vacanzieri russi. In Crimea l’1 per cento delle prenotazioni, tanto che due aziende su tre sono in rosso.
Una veduta delle spiagge di Sebastopoli frequentate dai turisti (Getty Images)

In Crimea appena l’1 per cento delle prenotazioni alberghiere russe

I turisti provenienti dalla Russia sono in costante calo da tre anni. Come mostrano i dati del governo di Mosca, nel 2022 in Crimea si è registrato appena il 3 per cento delle prenotazioni a fronte del 19 per cento di 12 mesi prima. Un dato che, secondo le previsioni, è destinato a scendere quasi allo zero quest’anno, assestandosi attorno all’1 per cento. Non sorprende dunque che il 60 per cento delle strutture turistiche siano in rosso, con perdite complessive di 709 milioni di rubli (circa 7,7 milioni di euro). Nel mezzo, la breve ripresa dovuta alla chiusura dei confini per la pandemia, che aveva spinto oltre 9 milioni di cittadini russi a trascorrere l’estate 2021 in Crimea. Il «gioiello della Corona», come lo ha definito Putin nel 2014, non può nulla però contro la guerra in Ucraina.

La guerra in Ucraina spaventa i vacanzieri russi. In Crimea l’1 per cento delle prenotazioni, tanto che due aziende su tre sono in rosso.
Gli elicotteri russi sul suolo della Crimea (Getty Images)

Cresce intanto la tensione di ristoratori e proprietari di alberghi, che temono di non superare l’anno. «Metà delle strutture potrebbe non aprire più», ha dichiarato al Moscow Times il gestore di un hotel. Ha preferito però mantenere l’anonimato, temendo che i suoi commenti negativi possano fargli perdere i sostegni finanziari di Mosca. Come ha sottolineato nell’intervista, prima della guerra la struttura era perennemente sold out durante l’estate, mentre quest’anno difficilmente riempirà metà camere. Se a luglio e agosto le perdite potrebbero essere contenute, per giugno le prenotazioni coprono appena il 30 per cento della capienza. «I costi sono cresciuti fra il 30 e il 50 per cento», ha ricordato.

Mosca intanto rassicura: «La guerra non minaccia la Crimea»

La crisi del turismo ha spinto diversi funzionari a intervenire per calmare i viaggiatori, ricordando la sicurezza della penisola. «Molti hanno semplicemente paura», ha sottolineato all’agenzia Ria Novosti il governatore della Crimea Sergei Aksyonov. «Nulla minaccia i turisti». La realtà dei fatti però è ben diversa, visto che la penisola è stata oggetto di diversi attacchi. Lo scorso anno, per esempio, varie esplosioni hanno colpito la base aerea di Saki, uno dei tanti siti militari russi alla portata delle armi ucraine.

Prigozhin: «Tornati a casa 32 mila ex detenuti che hanno combattuto con la Wagner»

Sono 32 mila gli ex carcerati che, dopo aver combattuto in Ucraina con il Gruppo Wagner, sono tornati a casa in Russia, come uomini liberi. Lo ha detto il capo della milizia mercenaria Yevgeny Prigozhin. L’annuncio è arrivato pochi giorni dopo che il presidente Vladimir Putin ha confermato pubblicamente i rapporti investigativi secondo cui lo zar aveva graziato personalmente i detenuti russi che si erano arruolati per combattere con il gruppo paramilitare, che ha svolto un ruolo chiave a Bakhmut, nella battaglia più lunga e sanguinosa della guerra in Ucraina.

Prigozhin: «Tornati a casa 32 mila ex detenuti che hanno combattuto con la Wagner». L'annuncio del fondatore della milizia mercenaria.
La sede del Gruppo Wagner a San Pietroburgo (Getty Images)

Per i carcerati che si arruolano c’è la grazia dopo sei mesi al fronte

«Al 18 giugno 2023, 32 mila persone precedentemente condannate e che hanno preso parte all’operazione militare speciale tra i ranghi del Gruppo Wagner sono tornate a casa alla fine dei loro contratti», ha dichiarato Prigozhin, sottolineando che meno dell’1 per cento di tutti i soldati Wagner reclutati nelle carceri della Federazione Russa ha commesso crimini, una volta tornati in libertà dopo aver combattuto in Ucraina. «Le persone rilasciate dal carcere nello stesso periodo senza un contratto con il Gruppo Wagner hanno commesso 80 volte più crimini», ha affermato Prigozhin. La milizia dell’ex “cuoco di Putin” ha iniziato a reclutare prigionieri nel tentacolare sistema penale russo la scorsa estate, offrendo ai detenuti la grazia se fossero sopravvissuti a sei mesi di servizio in Ucraina.

Prigozhin: «Tornati a casa 32 mila ex detenuti che hanno combattuto con la Wagner». L'annuncio del fondatore della milizia mercenaria.
Una pubblicità del Gruppo Wagner: la campagna di reclutamento è finita a febbraio (Getty Images).

Secondo gli attivisti per i diritti dei detenuti i conti non tornano

Secondo Olga Romanova, principale attivista per i diritti dei detenuti, l’esercito privato di Prigozhin avrebbe reclutato in totale quasi 50 mila carcerati, di cui circa 30 mila sarebbero morti in combattimento: in base a queste stime, la cifra indicata da Prigozhin – che ha annunciato la fine della sua campagna di reclutamento di prigionieri a febbraio – risulterebbe dunque esagerata. Dopo aver negato per anni ogni legame con il gruppo mercenario, accusato di brutalità e destabilizzazione nelle zone di conflitto in tutto il mondo, Prigozhin ha confermato l’anno scorso di aver fondato la compagnia militare privata Wagner che, in base alla legge russa, sarebbe illegale.