
Fonti statunitensi avrebbero rivelato in anonimato che la Russia con 100mila soldati ai confini sarebbe pronta nelle prossime settimane ad invadere l'Ucraina.
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La presenza della società di pubbliche relazioni Ketchum dietro il governo russo ha destato stupore e scandalo. Eppure, per gli addetti ai lavori, questa sembra quasi una banalità. Comunicazione e pubbliche relazioni, in uno scenario così delicato in cui i social rappresentano il maggior canale di divulgazione delle informazioni, costituiscono mezzi utili ai governi nella costruzione del proprio posizionamento. È dunque importante fermarsi a ragionare su come reinventare il settore alla luce di queste nuove esigenze.
In un periodo storico in cui tutte le notizie diverse dal coronavirus passano in secondo piano, c’è un’altra questione ha particolarmente colpito e che è, forse, passata un po’ di nascosto nella cronaca monopolizzata in questi giorni dalla difesa dal Covid-19 e dalle decisioni europee: Vladimir Putin e le Pr di Stato, per citare il titolo dell’articolo pubblicato pochi giorni fa sull’Huff Post.
Ma andiamo per gradi. Molti giornali e trasmissioni italiane si sono interrogati sul ruolo giocato dalla Russia sullo scacchiere mondiale nel corso della pandemia da quando, a marzo, cortei militari russi hanno calpestato il suolo nostrano per sostenere il governo di Roma nel fronteggiare il dilagare del coronavirus. L’intervento russo non ha tardato a sollevare perplessità, tanto che un importante quotidiano come La Stampa, sempre a fine marzo, aveva manifestato i propri dubbi in merito pubblicando un’inusuale lettera aperta indirizzata al direttore dall’ambasciatore russo in Italia, Sergei Razov.
Alla lettera, il giornalista de La Stampa rispondeva sottolineando il fatto di essere in possesso di informazioni provenienti da «fonti politiche di alto livello», asseriva che «l’80% degli aiuti russi sarebbe totalmente inutile o poco utile». Un attacco plateale che ha goduto fin da subito di una grande eco. La risposta di Sergei Razov non ha tardato ad arrivare, ribadendo che non ci sono stati, né mai ci saranno, secondi fini negli aiuti russi.
Dietro queste polemiche si cela una realtà incontrovertibile e oramai impossibile da eludere: l’Italia è diventata lo scenario di una serrata competizione tra le maggiori potenze mondiali che stanno cercando di ridefinire le loro influenze nel nostro Paese. La pandemia ha infatti offerto un’occasione unica per chiarire i bilanciamenti di interessi e poteri. In un Paese in cui la comunicazione è controversa e inquinata e si confondono gli aiuti cinesi e il sostengo degli Stati Uniti, la Russia sembra aver trovato terreno fertile per incrementare quella potrebbe sembrare una grandissima operazione di pubbliche relazioni internazionali, il cosiddetto soft power. Ci si è sorpresi che a supportare le iniziative del governo russo e del suo presidente, Vladimir Putin, vi fosse la società di pubbliche relazioni Ketchum che, dietro compenso pari a 23 milioni di dollari da metà 2006 a metà 2012 più altri 17 provenienti da Gazprom, avrebbe “piazzato” molti articoli filo governativi su giornali di rilevante importanza internazionale come il New York Times. Inoltre, l’agenzia Ketchum sarebbe riuscita, grazie ad un sottile lavoro di lobby, a riconoscere a Vladimir Putin il ruolo e la copertina di Personaggio dell’anno pubblicata sul Times nel 2007.
Aldilà del giudizio morale che può facilmente scappare dalle nostre labbra, è possibile ancora stupirsi davvero dinnanzi a queste notizie? Anzi, come sottolineato dall’articolo dell’Huff Post, è molto più strano che, al giorno d’oggi, una informazione del genere diventi notizia, piuttosto dovremo stupirci se gli Stati, ed i governi protempore che li guidano, non si avvalgono di professionisti della comunicazione, soprattutto per iniziative che escono dalla gestione ordinaria della cosa pubblica. Certamente, alla luce della delicatissima situazione che stiamo vivendo, l’idea di essere diventati terreno di una campagna di pubbliche relazioni internazionale ci può sorprendere e forse anche spaventare, ma quel che è certo è che questo modo di operare non è nuovo: già nel corso della Guerra del Golfo del 1991 si era parlato molto dell’ingaggio di società di pubbliche relazioni da parte del Kuwait. Mentre la Casa Bianca per decenni si è avvalsa del colosso Usa delle Pr, Burston & Marseller. Avevamo dunque veramente bisogno dell’inchiesta di BuzzFeed News e di ProPublica per ricordare l’importanza delle pubbliche relazioni e della comunicazione anche per i Governi? Forse sì e questo ci permette di riflettere sul nostro mestiere e sulle sue implicazioni future.
In un’era sempre più digitalizzata e in una società che sta vivendo uno sconvolgimento che sembra essere inarrestabile, la notizia relativa al lavoro svolto dalla società Ketchum per il governo russo ha destato scalpore e diffidenza. Comunicata nel modo corretto, questa informazione sarebbe servita semplicemente a ribadire un concetto che, troppo spesso, è stato omesso e soppiantato: le attività di pubbliche relazioni, di comunicazione e di stakeholder engagement sono diventate, e lo saranno sempre più, imprescindibili anche per i governi. Solo una comunicazione trasparente e chiara su cosa svolgono queste società e come vengono ingaggiate dai governi potrà evitare che l’opinione pubblica si sorprenda o si schernisca. Oggi è normale per gli Stati affidare la propria comunicazione ad agenzie, perché, in un mondo sempre più complesso, nessuno, neanche gli Stati, possono prescindere dalle pubbliche relazioni, dalla creazione di strategie comunicative adeguate e dalla costruzione ragionata ed efficace della propria reputazione che è sempre più alla mercé di chiunque. È importante, dunque, che chiunque operi nel settore possa farlo senza doversi celare nell’ombra, screditando così la sua stessa attività.
Creare una strategia di stakeholder engagement e di comunicazione su territorio straniero è controverso quanto complesso
In conclusione, seppure le attività svolte dalla Russia possano spaventare per ambizione e determinazione, quel che risulta essere evidente è che la Federazione è certamente molto avanti rispetto a noi: creare una strategia di stakeholder engagement e di comunicazione su territorio straniero è controverso quanto complesso. È dunque necessario, per tutti quelli che “stanno a guardare” cercare di orientare i propri pensieri e il proprio business verso una nuova forma di brand reputation, quella degli Stati. Questo richiederà una profonda revisione di strategie, obiettivi e mezzi e richiederà agli addetti ai lavori di allargare i propri orizzonti e di reinventarsi: ora, più che mai, su un terreno così sconnesso, gli Stati avranno sempre più bisogno di questo appoggio.
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L'intreccio tra i reparti militari per le emergenze biologiche e i servizi segreti. La figura del generale Kikok tra le armi chimiche in Siria e l'epidemia di Ebola in Africa. Tutte le mosse di Putin in soccorso a Conte e a Trump.
“Dalla Russia con amore”, letteralmente. L’intrigo da 007 calza a pennello con gli aiuti inviati da Vladimir Putin in Italia per l’emergenza sanitaria del Covid 19. Ambiguamente il Cremlino ha scelto proprio il nome del film con James Bond per la corposa missione umanitaria: 130 medici militari, tra cui virologi, epidemiologi e rianimatori, guidati da un pezzo da novanta del dipartimento della Difesa da agenti nucleari, chimici e biologici (Nbc), il comandante Sergey Kikot al centro di crescenti speculazioni. Con loro mascherine, ventilatori, attrezzature per la disinfestazione e la sanificazione delle aree, tamponi e laboratori da capo per la sterilizzazione e per la profilassi chimico-batteriologica e altro personale sanitario, a bordo dei 15 aerei cargo atterrati alla fine di marzo nella base dell’aeronautica italiana di Pratica di Mare, nel Lazio, e dislocato in questi giorni soprattutto nella Bergamasca martoriata dall’epidemia.
Cuori adesivi con i colori delle bandiere dell’Italia e della Russia e lo slogan, dall’esplicito doppio senso, appiccicati su camion militari. Colonne di mezzi che hanno attraversato lo stivale e solcano la Lombardia in un clima vagamente post-bellico: un aiuto prezioso, nell’emergenza della fase più acuta, ma che disorienta. «Disinteressato» ha precisato anche l’ambasciata russa a Roma, «nello spirito che fu di Pratica di Mare e che ora acquisisce il nuovo significato di aiutare il popolo amico italiano». In effetti Pratica di Mare fu la sede dell’accordo del 2002 tra la Nato e la Russia, promosso dall’allora premier Silvio Berlusconi, lombardo e tuttora in grande rapporto di amicizia con Putin. Tutto torna: tanto più che in Russia chi si occupa di protezione civile, inclusa la lotta alle epidemie, è personale esclusivamente militare. Lo stesso dei nucleo dell’Nbc già inviato, in passato, in Africa per l‘Ebola, di solida preparazione scientifica e sul campo.
Il comandante Kikot, definito dal sito internazionale d’informazione russo Sputnik vice comandante delle Nbc, ha partecipato a precedenti interventi del reparto in Guinea, per l’epidemia, e per missioni in teatri di guerra come l’Afghanistan. Tra le poche informazioni a disposizione, il suo nome figurava nel 2019 tra i relatori del dossier in difesa del presidente siriano Bashar al Assad, contro l’accusa della Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja di uso di armi chimiche contro i civili a Duma. Il ruolo di ponte, sulla Siria, con la politica è valso a Kikot l’etichetta di «ripulitore di Assad» dai crimini di guerra del regime di Damasco. Da fonti riservate del quotidiano La Stampa, che svolge delle inchieste sulla missione russa in Italia, il suo comandante, come vice del generale russo Igor Kirillov capo dell’Nbc, sarebbe ai vertici del programma delle «armi biologiche russe, una delle parti più segrete del ministero della Difesa».
L’ex comandante del reparto della Nato equivalente alla Nbc, Hamish De Bretton-Gordon, ha dichiarato al quotidiano di non nutrire dubbi su «ufficiali del Gru, il direttorato dei servizi segreti militari russi» nel reparto di Kikot arrivato in Italia anche per «scoprire il più possibile sulle forze italiane». Per De Bretton-Gordon «tutto ciò che riguarda armi chimiche e biologiche, avviene in Russia sotto la stessa guida». È d’altronde scontato che, anche al Cremlino, il dipartimento militare che si occupa di armi e di protezioni da attacchi nucleari, chimici e batteriologici abbia compenetrazioni con il ramo dell’intelligence. L’ingresso di questi alti gradi militari e delle loro apparecchiature nell’area della Nato, per di più in un periodo di sanzioni degli Usa alla Russia, è fuori di dubbio un colpo grosso messo a segno dall’ex agente del Kgb Putin. Per disperata necessità, l’Italia è la prima linea dell’intelligence militare russa in Europa.
Uno sfondamento geopolitico che è continuato con le forniture fatte decollare subito dopo da Mosca, più in sordina, verso gli Usa: 60 tonnellate tra respiratori, mascherine, ventilatori polmonari e altri equipaggiamenti medici sono atterrati il 2 aprile scorso con un gigante An-124 dell’aeronautica russa al JFK di New York, mentre l’epidemia divampava drammaticamente nella Grande mela. «Aiuti umanitari di mutua assistenza», ha fatto sapere il Cremlino, «giacché per il Covid 19 in futuro potremmo avere bisogno anche noi degli americani». Per il Dipartimento di Stato Usa il materiale è stato invece «acquistato». Come che sia, c’è stata una telefonata tra Putin e un Donald Trump apparso poi molto soddisfatto alla conferenza stampa quotidiana con la task force contro il coronavirus dell’arrivo dell’«aereo dei russi pieno, ma proprio pieno, un gesto davvero carino».
Con questo atto straordinario, in Russia Putin ha riequilibrato la percezione sugli americani, nella memoria collettiva, venuti a dispensare aiuti nel 1990, tra le macerie dell’Urss in disfacimento: uno strumento di propaganda interna formidabile – prima ancora che di soft (e hard) power tra le democrazie occidentali – benché con l’aumentare dei contagi da Covid 19 la popolazione russa inizi a infastidirsi delle regalie del governo all’esterno. Lo stesso è avvenuto nel Nord Italia: stavolta sono stati i russi, prima e molto di più degli americani, a venire in soccorso alla popolazione. A maggior ragione il carico militare-sanitario del Cremlino, di emergenza, verso gli States era qualcosa di impensabile, ancora fino a una settimana fa. Un intervento che, nell’anno delle Presidenziali americane destinate con ogni probabilità a slittare, Oltreoceano fa rinfocolare le polemiche sulla presunta vicinanza, per non dire affiliazione, di Trump al Cremlino.
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Stop al referendum e Paese in lockdown per una settimana. Mentre i casi di contagio aumentano costantemente.
A causa del Covid-19 che minaccia anche la Russia, Vladimir Putin rinvia il referendum sui cambiamenti alla costituzione studiati per dargli la possibilità di rimanere al Cremlino fino al 2036. In un discorso televisivo alla nazione, il presidente ha spiegato che il voto, fissato per il 22 aprile, sarà posticipato a data da destinarsi. Quando, dipenderà dalle valutazioni di medici e tecnici sull’evoluzione dell’epidemia. Putin ha anche annunciato lo stop per una settimana di tutte le attività non essenziali: il periodo dal 28 marzo al 5 aprile sarà considerato di ferie, e i lavoratori che resteranno a casa verranno pagati regolarmente. Oltre a questa misura volta ad arginare il diffondersi del virus col distanziamento sociale, il leader russo ha elencato una serie di provvedimenti di supporto ad aziende e famiglie. Tra questi, un aumento dei sussidi di disoccupazione e un deferimento degli obblighi fiscali per le piccole e medie imprese.
«Grazie alle misure da noi prese in anticipo, siamo finora stati capaci di contenere il contagio, ma vista la posizione geografica della Russia, sarà impossibile creare una barriera in grado di bloccarne completamente la penetrazione», ha detto Putin. Invitando i russi a stare a casa, senza però istituire – al momento – un vero e proprio obbligo a farlo. Riguardo al referendum costituzionale, «sapete quanto sia per me importante», ha sottolineato .«Ma priorità assoluta sono la salute, la vita e la sicurezza dei cittadini». Finora era prevalso il desiderio del Cremlino di dare una piega ottimistica agli eventi e andare avanti con il voto del 22 aprile, cruciale per la visione politica di “nuova Russia” ancor più autoritaria che il presidente – secondo la maggior parte degli osservatori – sta delineando. Evidentemente, qualcosa ha fatto ricredere Putin.
I casi di Covid-19 confermati sono triplicati nel giro di 24 ore in Russia, dopo che è cambiato il modo di conteggiarli
I casi di Covid-19 confermati sono triplicati nel giro di 24 ore in Russia, dopo che è cambiato il modo di conteggiarli. E il numero reale dei casi è probabilmente ancora più alto, riconoscono adesso le autorità. Che, nonostante la situazione sia al momento migliore rispetto a quella di molti altri Paesi investiti dalla pandemia, si preparano ad affrontare scenari più duri. I contagiati “ufficiali” erano 658 alle 12 del 25 marzo: 163 in più rispetto al giorno precedente. Non si era mai visto un tale aumento giornaliero. Da alcuni giorni a Mosca, la città più colpita, la lista dei contagiati è compilata in base ai risultati immediati di un singolo tampone. Non viene più atteso l’imprimatur di positività dai laboratori ministeriali di Novosibirsk. Il sindaco della capitale, Sergei Sobyanin, incontrando il presidente Putin, aveva definito «serio» il quadro, aggiungendo che il numero dei malati è superiore a quanto finora accertato.
Le rigidità burocratiche e la volontà governativa di non creare allarme e dichiarare «sotto controllo» l’epidemia hanno certamente contribuito a ridimensionarne i numeri. Che però restano obiettivamente contenuti: la Russia di oggi non è la vecchia Unione Sovietica, e non è nemmeno la Cina. Certo, la maggior parte dei media sono governativi e fanno propaganda. Ogni tentativo organizzato dall’alto di occultare una realtà estremamente più grave di quella che è verrebbe presto smascherato sui social, che pullulerebbero di testimonianze del depistaggio in atto. Cosa che non sta avvenendo. Si sono smascherati episodi singoli, anche gravi. Ma di un complotto del potere per nascondere l’epidemia non c’è proprio traccia.
Intanto, social e giornali, intanto sono pieni delle immagini di Putin in tuta e maschera protettiva durante una visita nell’ospedale moscovita dove sono concentrati i malati di Covid-19. Il comandante in capo va in prima in linea. Tipico Putin. L’intento propagandistico è evidente. E non è solo rivolto al consenso interno. Secondo alcuni analisti, il Cremlino sta già utilizzando questa crisi globale per mettere a segno colpi di propaganda sull’arena internazionale: visto che l’epidemia adesso uccide nelle democrazie occidentali e non più in Cina dove è stata fermata, «la battaglia contro il virus finisce per rappresentare una competizione fra sistemi politici», ha notato su carnegie.ru il politologo Alexander Baunov.
«Quale sistema è più efficace in queste circostanze così difficili? Quello autoritario, alla cinese, o quello occidentale? Questa competizione è ancora agli inizi, ma vista la decisione di Putin di estendere il suo regno attraverso le riforme costituzionali, il presidente sta facendo una scelta finale in favore dell’autoritarismo e dimostra di volersi spendere con tenacia per la vittoria di tale sistema». Una chiave di lettura che, secondo Baunov, può essere applicata anche all’operazione “Dalla Russia con amore”, che ha portato medici militari e apparecchiature da Mosca a Bergamo: l’Italia è il Paese che ha sofferto di più per la pandemia, ed è quindi adatto ad esercitare soft power. «Mentre i Paesi Ue si chiudono addosso le frontiere e Bruxelles è in preda alle divisioni interne», scrive l’analista, «gli spauracchi dei media occidentali – Russia, Cina e Cuba – corrono a portare aiuto medico di emergenza all’Italia». Che peraltro può solo sinceramente ringraziare.
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Militari, circa 150 medici, camion Kamaz, ospedali modulari da campo: in cosa consistono gli aiuti inviati da Putin. Le foto.
Un altro aereo russo è arrivato in Italia la mattina del 25 marzo nell’ambito degli aiuti inviati da Mosca per affrontare le conseguenze della pandemia di coronavirus. «L’aereo da trasporto militare Ilyushin Il-76 delle Forze Aerospaziali Russe che trasporta attrezzature per la diagnosi e la disinfezione ha consegnato, presso la base aerea italiana di Pratica di Mare, mezzi speciali per combattere il coronavirus», ha detto il ministero della Difesa russo a Interfax. Complessivamente, nelle ultime ore sono arrivati in Italia 15 aerei da trasporto militare IL-76 pieni di personale medico e militare e mezzi.
I medici inviati dalla Russia opereranno nella zona di Bergamo, secondo quanto ha spiegato il vice comandante delle forze russe per la Difesa da radiazioni, agenti chimici e batteriologici (Nbcr), Serghiei Kikot. «Un gruppo di specialisti militari russi si sta preparando per il dispiegamento nell’area prescelta», ha spiegato l’ufficiale. Il contingente è composto da militari, 150 medici, operatori sanitari e sanificatori, ed è atteso la sera del 25 marzo a Bergamo. Il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, ha detto che opererà nell’ospedale da campo dell’Associazione nazionale Alpini. Oltre agli uomini, i mezzi: camion Kamaz per la disinfezione e, stando a fonti bene informate, «ospedali modulari da campo, circa 100 ventilatori polmonari e 500 mila mascherine mediche».
Gli aiuti di Mosca, al pari di quelli di Pechino, non sono passati inosservati. I Radicali hanno manifestato riserve: «Più che di fronte a un ‘caval donato’, potremmo avere davanti un cavallo di Troia», è la posizione di Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, segretario, tesoriera e presidente di Radicali Italiani, riferendosi agli «aiuti della Cina, ma si tratta di forniture pagate e non donate», e alla «favola degli aiuti russi, arrivati a 24 ore da una telefonata tra Putin e Conte».
Gli italiani hanno il diritto di ricevere al più presto risposte adeguate, in mancanza delle quali sarà lecito supporre che dietro a tanta apparente generosità ci possano essere altri progetti
Radicali
«La crisi coronavirus», hanno aggiunto, «si inserisce in un quadro europeo e internazionale già estremamente fragile, che vede il nostro Paese esposto al rischio di essere strumentalizzato da regimi autoritari. Ci rivolgiamo al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro degli Esteri: gli italiani hanno il diritto di ricevere al più presto risposte adeguate, in mancanza delle quali sarà lecito supporre che dietro a tanta apparente generosità ci possano essere altri progetti».
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Disposto lo stop di tutte le attività non essenziali nel tentativo di contenere l'avanzata dell'epidemia. E spunta una 'oligarc-tax'.
La Russia «è riuscita a contenere il coronavirus» fino adesso, ma il Paese non è in grado di «bloccare» completamente la minaccia. Lo ha detto Vladimir Putin parlando alla nazione, sottolineando che ora è «imperativo» rispettare le indicazioni delle autorità. Per contenere l’epidemia, Putin ha annunciato che verrà introdotto «una settimana di stop» alle attività non essenziali, dal 28 marzo al 5 aprile. «State a casa», ha detto Putin in televisione.
«Ora è estremamente importante prevenire la minaccia della rapida diffusione della malattia, pertanto la prossima settimana sarà una settimana di ferie e prevederà il pagamento dello stipendio», ha detto Putin. «Tutte le raccomandazioni devono essere seguite, dobbiamo proteggere noi stessi e coloro che ci sono vicini», ha aggiunto.
Il presidente ha poi chiesto l’imposizione di una tassa del 15% sui capitali che dalla Russia vengono esportati all’estero nonché l’introduzione di una tassa del 13% (equiparata dunque a quelle sul reddito) sugli interessi generati da investimenti finanziari (ma solo se il capitale investito è superiore a 1 milione di rubli, ovvero circa 12 mila euro al cambio attuale). I proventi verranno utilizzati per finanziare le misure sociali anti-crisi.
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