Dati falsati. Tra le vittime anche molti 20enni e 30enni. Fosse comuni a Qom. E un establishment decimato dai contagi. La pandemia ha travolto la Repubblica islamica, isolata a livello internazionale e con un'economia già al collasso. Anche a causa della stretta Usa. Lo scenario.
Gli ultimi dati diffusi dal ministero iraniano della Sanità sul coronavirus parlano di 27 mila casi e più 2 mila morti.
Numeri importanti, che di per sé rendono la Repubblica islamica il sesto Paese per diffusione di Covid-19 al mondo.
Ma nessuno crede che siano veritieri e, anche in Iran, tutti pensano che il numero di malati e i morti per la pandemia sia molto maggiore.
A QOM SI USANO FOSSE COMUNI
Hanno fatto il giro del mondo, già un paio di settimane fa, le immagini satellitari diffuse dal Washington Post di un cimitero di Qom – città epicentro dell’epidemia nel Paese – dove per l’emergenza erano state scavate fosse comuni, riempite di centinaia di cadaveri. Abbiamo drammaticamente visto anche in Italia come, nelle aree focolaio, accada di non sapere dove mettere i morti. E in Iran, complici i forti e numerosi rapporti con la Cina, il virus ha iniziato a propagarsi rapidamente settimane prima che in Europa, da Qom verso Teheran.
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CONTAGI NELL’ESTABLISHMENT
Alcuni membri del parlamento appena rinnovato alle Legislative di febbraio e un consigliere della Guida suprema Ali Khamenei sono tra vittime del coronavirus. Vari personaggi di spicco del regime, tra i quali il vice ministro della Salute, il ministro dell’industria, la vicepresidente Masoumeh Ebtekar – famosa come Sister Mary per aver fatto, nel 1979, da ponte durante l’occupazione dell’ambasciata americana – e decine tra deputati, pasdaran e funzionari sono risultati positivi al test. Un canovaccio che si è ripetuto nei parlamenti e nei governi occidentali, fin dentro la Casa Bianca sanificata, con Donald Trump sottoposto a tampone (poi negativo): i virus sono democratici. Ma in Iran, anche dal poco che si sa, su scala maggiore che altrove. L’ultimo flash dell’establishment persiano è del presidente Hassan Rohani che tossisce, chiedendo la «fine delle sanzioni», riunito con i membri del governo e con altre autorità civili e militari. Tutti, tranne Rohani, indossavano la mascherina.

«UN MORTO OGNI 10 MINUTI»
La classe religiosa, politica e militare che governa l’Iran dalla rivoluzione khomeinista potrebbe finire decimata. A metà marzo il governo dichiarava «il picco superato, sulla base delle statistiche». Anche gli iraniani erano stati invitati a restare chiusi in casa e dovevano continuare a farlo. Tra le città e gli altri centri abitati erano stati bloccati i collegamenti e piazzati posti di blocco. Si invitava la popolazione persino a evitare di maneggiare moneta, pagando col bancomat. Mentre i contagi dilagavano si erano messi ai domiciliari ed erano stati concessi permessia quasi 100 mila detenuti, per evitare focolai nelle carceri, come vuol fare ora l’Italia e pensa anche Trump negli Usa. Tutto questo, appunto, nelle settimane del picco che in realtà anche nel governo si ritiene tutt’altro che superato. Il 18 marzo, il ministero della Sanità ha sconfessato Rohani, comunicando che «ogni 10 minuti in Iran c’è un morto di Covid-19».
TEHERAN HA CHIESTO AIUTO AL FMI E LO STOP ALL’EMBARGO DEGLI USA
Si lavora per ospedali da campo nei mall, e muoiono anche tanti giovani in un Paese dove l’età media è di 30 anni ed è privo di farmaci da un anno per le durissime sanzioni americane con il sistema sanitario inevitabilmente collassato. Le vittime più giovani, ufficialmente dichiarate, da Covid-19 nel Paese sono una 23enne di Qom appassionata della variante locale di calcio, il futsal, e un’infermiera 25enne della provincia di Gilan, sul mar Caspio, un altro focolaio.
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Tanti medici e sanitari 20enni e 30enni, ripresi a ballare per esorcizzare la tragedia, si sono ammalati, perdendo la vita. Il capodanno persiano del Nowruz (per l’equinozio di primavera) è trascorso sotto coprifuoco e listato a lutto. In queste settimane l’Iran ha chiesto aiuti per 5 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale (Fmi). E poi l’intercessione del papa, affinché in questa fase di emergenza per ragioni umanitarie sia rimosso l’embargo da parte degli Usa.

UN’ECONOMIA COLLASSATA PRIMA DELL’EPIDEMIA
L’economia iraniana era già devastata dall’uscita di Donald Trump dall’accordo internazionale sul nucleare, con le sanzioni indirette americane anche sull’import-export e le transazioni finanziare con i Paesi dell’Unione europea. Una situazione già terribile prima dell’epidemia del coronavirus, con l’inflazione galoppante e proteste interne. Da mesi Teheran dipendeva commercialmente dalla Cina, e si è vista come è andata a finire. Ancor prima che in Italia, Pechino è corsa in soccorso all’Iran con apparecchiature, mascherine, medici e kit della Croce rossa cinese. Lo stesso ha fatto la Russia con altro materiale, appellandosi anche a Washington per revocare l’embargo a Teheran. L’Organizzazione mondiale della sanità aveva mandato aiuti e personale in Iran. Ma nonostante la mobilitazione internazionale e lo sforzo dei medici, la situazione non appare sostanzialmente migliorata.
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AIUTI DA SVIZZERA E COREA DEL SUD
L’epidemia esplosa nella Repubblica islamica, mentre in Cina ancora dilagava, ha fatto da cassa di risonanza del virus in Medio Oriente. Dall’Iran sono arrivati i primi contagi in Iraq, Siria, Giordania, Libano, Afghanistan, fino agli Emirati arabi, al Bahrein e allo Yemen nella Penisola araba dove gli emissari di Teheran coltivano relazioni finanziarie ed esercitano grosse influenze politiche e militari. Tutti questi Paesi hanno bloccato o limitato i collegamenti con l’Iran, che per ragioni sanitarie è isolato anche dall’area mediorientale. Alla fine di febbraio, gli Stati Uniti hanno ritoccato le limitazioni all’Iran, per permettere l’arrivo di aiuti umanitari (prodotti alimentari e medicine) di aziende svizzere. Ma Trump non fa altri passi: sulla carta questo tipo di forniture è già esentato dall’embargo. Anche la Corea del Sud tratta con Rohani per assistenza e consulenza nei test. Ma che il regime, attraverso Khamenei, accusi gli Usa di complotto sul Covid-19 non aiuta.
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