Gli operai pretendono mascherine e il rispetto delle distanze di sicurezza. E in Lombardia ci sono aziende che minacciano il licenziamento in caso di assenze dovute al timore del contagio. Mentre Fim, Fiom e Uilm chiedono lo stop delle imprese per sanificazione. Pronti all'astensione unilaterale dal lavoro se necessario. Il punto.
State a casa, tutti barricati il più possibile. Ma c’è una categoria che in particolar modo sta soffrendo d’ansia in quanto parte dell’eccezione alla serrata generale anti coronavirus: i dipendenti delle fabbriche, “costretti” comunque a uscire e a muoversi in un ambiente di lavoro spesso non sicuro.
ALTRO CHE LAVORO AGILE O FERIE
Perché hai voglia a chiedere di incentivare il lavoro da casa e le ferie: per certe occupazioni lo smartworking non è praticabile. E così i lavoratori hanno cominciato a mobilitarsi, dando vita a scioperi spontanei in diverse città d’Italia. Fino a quando è arrivata la presa di posizione di tutte le sigle sindacali.
CHIESTO LO STOP ALLE FABBRICHE PER SANIFICARLE
Fim, Fiom, Uilm infatti si sono unite nel ritenere necessaria una momentanea fermata di tutte le imprese metalmeccaniche, «a prescindere dal contratto utilizzato, fino a domenica 22 marzo, al fine di sanificare, mettere in sicurezza e riorganizzare tutti i luoghi di lavoro». La richiesta è arrivata tramite una nota congiunta, che ha sottolineato: «I lavoratori sono giustamente spaventati».
NIENTE MASCHERINE E DISTANZA DI SICUREZZA
Il problema principale è il mancato rispetto delle norme di sicurezza per evitare il contagio. Su tutte l’assenza di mascherine per tutti e le distanze troppo ridotte tra un impiegato e l’altro.
I METALMECCANICI: SCIOPERO SE NECESSARIO
I sindacati «chiedono di concordare fermate produttive “coperte” innanzitutto con strumenti contrattuali o con eventuali ammortizzatori sociali ove previsti dalla normativa». Poi l’avvertimento: «In mancanza di ciò dichiariamo sin d’ora l’astensione unilaterale nazionale nell’intero settore merceologico, a prescindere dal Contratto utilizzato. A copertura di ciò proclamiamo lo sciopero per tutte le ore necessarie».
IN LOMBARDIA SI ARRIVA A MINACCIARE IL LICENZIAMENTO
Ovunque i lavoratori non si sentono tutelati, specialmente nella Lombardia epicentro del virus. E diverse aziende non sono comprensive delle preoccupazioni dei propri dipendenti. In Brianza un’impresa, come segnalato da un suo impiegato, è arrivata persino a scrivere “minacce velate” in un comunicato: «Un’assenza determinata dal semplice timore di essere contagiati non cosente di riconoscere la giustificazione della decisione e la legittimità del rifiuto della prestazione». In quel caso ecco l’arrivo di «provvedimenti disciplinari che possono portare al licenziamento».
«PRIMI CONTAGI NON RESI PUBBLICI DALLE AZIENDE»
In molte provincie come Asti, Vercelli e Cuneo il 12 marzo sono partiri scioperi in diverse fabbriche (Mtm, Ikk, Dierre, Trivium) con adesioni altissime. Il segretario generale della Fiom Cgil Piemonte, Vittoria De Martino, ha detto che «nelle fabbriche si stanno determinando confusione e panico anche perché si registrano i primi contagi che, in alcuni casi, non vengono resi pubblici dalle aziende».
SI FERMA LO STABILIMENTO ELECTROLUX DI SUSEGANA
Anche i lavoratori dello stabilimento Electrolux di Susegana (in provincia di Treviso) avevano proclamato una giornata di sciopero per contestare la scelta del governo di escludere dalle imprese obbligate a chiudere quelle rientranti fra le attività produttive.
NEL BOLOGNESE VERIFICHE POSTAZIONE PER POSTAZIONE
Nell’area bolognese hanno incrociato le braccia alla Toyota e alla Bonfiglioli Riduttori: il segretario cittadino della Fiom, Michele Bulgarelli, ha detto: «Stiamo verificando postazione per postazione che le condizioni di sicurezza vengano rispettate, alcune aziende si stanno fermando, si aspettano gli ammortizzatori sociali».
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