Perché l’imposta straordinaria sulle banche rischia di essere un boomerang

Ogni giorno politici, manager e banchieri d’affari spendono una parte significativa del loro tempo a dialogare con investitori istituzionali esteri, con lo scopo di convincerli a investire nelle aziende del nostro Paese. In primis perché la gran parte sono realtà eccezionali, leader globali in settori di nicchia, fondate da imprenditori unici: creativi, competenti e appassionati. La principale perplessità che devono affrontare riguarda l’incertezza delle regole nel nostro Paese e le ripercussioni che ne derivano sullo scenario, a cominciare dall’impatto di repentini e inaspettati cambiamenti delle regole fiscali.

L’annuncio dell’imposta straordinaria sulle banche disincentiva gli investitori esteri 

La manovra del governo annunciata lunedì sulla tassazione degli extra profitti delle banche avrà un effetto negativo sulla disponibilità degli investitori esteri ad allocare risorse sul nostro Paese. Molti di loro si chiederanno perché devono continuare a investire in azioni di aziende bancarie italiane invece che in quelle dei concorrenti francesi e tedeschi, svizzeri o americani. La sensazione è che i cali azionari di martedì 8 agosto siano la logica reazione degli investitori esteri che hanno risposto a questa domanda alleggerendo le posizioni sui titoli bancari italiani.

Perché la tassazione degli extraprofitti rischia di essere un boomerang
Matteo Salvini (Imagoeconomica).

Le alternative per salvaguardare mutui e potere d’acquisto

Il fine del governo è corretto: bisogna salvaguardare il diritto alla prima casa e il potere di acquisto delle famiglie, con particolare riguardo a quelle meno abbienti; ma i modi non sono quelli giusti, in un’economia di mercato e in un contesto internazionale dove gli investitori, se si sentono toccati, hanno sempre tante alternative su cui dirottare i loro soldi. Ad esempio si sarebbe potuto fissare un tetto ai tassi dei mutui in funzione dello spread sulla remunerazione dei depositi bancari. E in aggiunta semplicemente chiedere a Poste Italiane spa di remunerare i depositi, per esempio al 3 per cento; in tal modo si sarebbe potuta fare una legge ad hoc per consentire la migrazione dei conti in automatico, incentivando così le banche a remunerare adeguatamente i depositi con un’operazione di mercato. Il rischio è che per risolvere un obiettivo problema delle famiglie italiane se ne crei un altro di dimensioni altrettanto rilevanti.

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