Fondovalle Calore: la superstrada dei veleni ma senza iella

di Aldo Bianchini

Caro Direttore, ho letto e riletto l’articolo pubblicato giovedì 17 ottobre 2024 dal Tuo giornale ed inerente la velenosa storia della “Fondovalle Calore, la superstrada degli appalti che portano iella”; un articolo che rilegge la vera storia di quella strada per renderla storia attuale sulla scorta di elementi assolutamente confutabili per una serie di elementi che qui di seguito cercherò di esporre; ricordando a tutti che all’epoca fui l’unico giornalista a seguire tutte le udienze del processo (novembre 1993 – febbraio 1994), anche quelle udienze che si protrassero fino alle due di notte in un clima torbido e giustizialista dal quale fu difficile difendersi anche a causa del fatto che l’ex senatore Nicola Trotta (con altri sei), già sottosegretario di stato ai lavori pubblici, si arrese subito e patteggiò anche perché già gravemente malato. Questo fatto influì non poco sull’esito del processo di 1° che si concluse il 23 febbraio 1994 con la condanna di ben 21 imputati su 30. Una sentenza che, però, nei successivi gradi giudizio perse la sua potenza dissolvendosi dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione. Va tenuto conto che quello della Fondovalle fu il primo processo della tangentopoli salernitana e che venne celebrato in un clima infuocato dal giustizialismo dilagante; tutti gli altri processi (Trincerone, Teatro Verdi, Corso da Re, Inceneritore Comunale, Seminario, Lungoirno, Metropolitana sotterranea, la subway sotto il Lungomare di Salerno, Ampliamento porto da Molo Manfredi alla foce dell’Irno per renderlo turistico, Delocalizzazione del porto commerciale nel mare di Eboli, Creazione dell’interporto di San Nicola Varco, il prolungamento della tangenziale fino all’aeroporto per continuare con l’Aversana – la Cilentana e la Mingardina, varianti della Fondovalle per Vallo della Lucania e Atena Lucana, Porta Ovest dal porto fino a Cernicchiara, ecc. ecc.) incardinati sui grandi lavori pubblici ideati e tradotti in soldoni dal quel laboratorio laico e di sinistra concretamente messo in atto dall’allora ministro per le aree urbane on. Carmelo Conte finirono con roboanti assoluzioni “perché il fatto non sussiste” a dimostrazione che quei progetti non erano farlocchi ma concretamente esecutivi e tali da guadagnare subito i relativi finanziamenti che Vincenzo De Luca ha astutamente sfruttato per realizzare, negli anni molti di quei progetti. Non ci fu grande attenzione di Michelangelo Russo nell’individuare appunti farlocchi; di appunti ce ne furono tanti, anche quello del finanziere baby Angelo Mastrolia (quello che qualche anno fa acquistò la Centrale del Latte); nella sua agenda alla data dell’8 agosto 1992 c’era scritto un appuntamento con l’ex senatore Trotta a Marrakesch; per scoprire che i due dovevano andare a caccia (grande passione di Trotta) e non per andare a depositare chissà quanti miliardi di lire. Per la capacità, poi, dei due CTU d‘ufficio sempre al seguito del pm Russo ricordo quando in aula, senza nulla togliere alla loro professionalità, il mitico professore di ingegneria presso la Federico 2° di Napoli, Renato Lamberti (deceduto nel 2022), nella sua qualità di consulente di parte in difesa degli ingg. Franco Amatucci e Raffaele, definì gli CTU (uno ingegnere e l’altro architetto) come due aspiranti geometri. Dall’altra parte, invece, ci fu il blitz del pm Russo che fece trascinare l’arch. Giovanni Giannattasio dal carcere di Fuorni in Procura, impaurito dichiarò che tutti quei progetti non erano esecutivi; eravamo nel febbraio 1994 e con questa deposizione il PM cercava di arginare la controcorrente (partita dall’abile mano del gip Marcello Rescigno che smantellò il processo Trincerone) che definiva tutti esecutivi i progetti; ma nelle more erano già stati arrestati quelli della Fondovalle Calore, quelli del Trincerone ed altri ancora. E storicamente è tutto ancora da valutare quale peso ebbe quella deposizione per la sentenza Fondovalle arrivata qualche giorno dopo. E poi da che mondo è mondo la lotta politica si consuma proprio sui progetti, sulla loro esecutività e sulla loro capacità di attrarre finanziamenti. I 230 tecnici dell’epoca d’oro dei progetti socialisti (alcuni sono ancora viventi e di prestigio) potrebbero spiegare più di me la questione, ma non lo faranno mai. Il progetto salernitano di tangentopoli partiva da lontano, almeno da due anni prima del 1992, quando lo Scico della GdF mise sotto torchio il mega studio tecnico di Amatucci e Galdi senza risultati corposi; fatta eccezione per una serie di fotografie che in Via SS. Martiri Salernitani avevano fermato nel tempo un incontro tra un magistrato, un giornalista, la vice zarina dei servizi segreti e un politico che si opponeva a Conte. Di quelle foto rimane tracce nel relativo processo, nel contesto del quale l’allora direttore de Il Mattino, Pasquale Nonno, dichiarò di averle smarrite a causa di un trasloco. Ma anche quell’episodio pesò notevolmente sull’avvio della tangentopoli salernitana. Non so, infine, cosa potranno contenere le oltre 20mila pagine dell’inchiesta a carico di Franco Alfieri ed altri; ma so benissimo che più grossi sono i faldoni e più nascono le speculazione anche se alla fine producono molto poco. Tutto può essere messo in discussione, ma non è giusto che dopo oltre trentadue anni si possa mettere in discussione la verità storica dei processi (e dei tantissimi risarcimenti spesso milionari ricevuti dagli inquisiti di quel tempo) con ragionamenti obiettivamente superficiali a disdoro dei tantissimi innocenti che furono massacrati.”””

L'articolo Fondovalle Calore: la superstrada dei veleni ma senza iella proviene da Le Cronache.