Immagini create con l’Ia su Fb: il Salone del libro nella bufera

Doveva essere un post spiritoso per Halloween, invece si è rivelato un boomerang. Almeno su Facebook. Protagonista dell’ennesima polemica è il Salone internazionale del libro di Torino che in occasione della festa ha lanciato una sfida ai propri follower: «Riuscite a riconoscere tutti i costumi di Halloween delle scrittrici e degli scrittori che abbiamo scelto?». E di seguito le immagini realizzate con l’intelligenza artificiale di Kafka in versione scarafaggio, Mary Shelley-Frankenstein e così via. Non poteva mancare certo Stephen King ovviamente in versione It.

 

L’idea non è piaciuta al pubblico social. Non solo perché l’Ia per molti rappresenta una minaccia per l’editoria e per gli scrittori. Ma anche perché, come si legge nei commenti, usare immagini realizzate con l’intelligenza artificiale equivale «letteralmente prende a pesci in faccia una delle categorie che i libri contribuisce a crearli – e a farli vendere», cioè gli  illustratori.

La protesta degli illustratori

Sotto il post appare infatti anche un commento di Egair, associazione di artisti europei. «Scriviamo anche qua che dispiace molto vedere un’istituzione come il Salone del Libro prendere così alla leggera il dibattito sulle Ia. Su Instagram la spiegazione usata è che si è voluto sperimentare, ma generare immagini usando un servizio commerciale pensato per generare immagini non sembra esattamente un uso inedito e sperimentale del mezzo. L’argomento è controverso e dibattuto e sono numerosi gli scrittori che hanno denunciato aziende che offrono servizi di AI per uso improprio dei loro lavori e violazione del copyright. La comunità dei creativi si augurerebbe una maggiore sensibilità e accortezza da una realtà centrale come la vostra». Lo scorso maggio 1000 intellettuali e artisti internazionali avevano pubblicato una lettera aperta online per denunciare i rischi di questa tecnologia. A capo dell’iniziativa Molly Crabapple artista e giornalista, e il Center for Artistic Inquiry and Reporting. Per addestrare una piattaforma di grafica come Midjourney servono dataset con enormi quantità di immagini prese dalla storia dell’arte ma anche da opere attuali presenti sul web ma protette da copyright. Agli autori non solo non è chiesto alcun consenso, ma non sono nemmeno pagati. E oltretutto rischiano di perdere il lavoro vista la concorrenza dell’algoritmo. «Le multinazionali dell’Ia sono pronte a distruggere i mezzi di sostentamento degli illustratori e per farlo utilizzano immagini rubate agli illustratori stessi», ha scritto Crabapple in un comunicato.

Stephen King: «Le opere create dall’intelligenza artificiale sono come il denaro falso dei film»

Lo stesso naturalmente vale per il mondo del cinema e l’editoria. Diversi scrittori Usa si sono ribellati all’idea che l’addestramento dell’intelligenza artificiale avvenga tramite i loro libri, sollevando anche conflitti con il diritto d’autore. Solo qualche mese fa (era il 23 agosto) sul tema era intervenuto anche Stephen King su The Atlantic, la stessa testata che aveva rivelato l’uso di opere di Zadie Smith, Elena Ferrante e dello stesso King per l'”addestramento”. «Le opere create dall’intelligenza artificiale sono come il denaro falso dei film, credibili a prima vista ma non così convincenti dopo un attento esame», scriveva King per definire l’Ia generativa come ChatGpt e Bard. Il maestro dell’horror lasciava poi intendere di non temere questa tecnologia perché i risultati non sono ancora convincenti. E perché il guizzo umano difficilmente sarà replicabile da una macchina. «La memoria dei computer è così grande che tutti i miei romanzi potrebbero stare in una chiavetta», aggiungeva King. «Ma c’è da chiedersi se la somma valga più delle parti. Per ciò che ho avuto modo di vedere, la risposta è ancora no. La creatività non può esistere senza che l’Ia sia senziente. Se questo sarà possibile in futuro, allora anche la creatività con l’intelligenza artificiale potrebbe essere possibile. Considero questa eventualità con un certo terribile fascino». Uno scenario da Blacl Mirror che difficilmente sarà evitabile. «Vietare l’insegnamento (se questa è la parola) delle mie storie ai computer? Nemmeno se potessi», scriveva Stephen King. «Diventerei il re Canuto che impedisce alla marea di salire. O un luddista che cerca di fermare il progresso industriale facendo a pezzi un telaio a vapore».