Guerra in Ucraina, ondata di bombardamenti russi nell’ovest nella notte di Ferragosto: morti e feriti


Gli ultimi aggiornamenti sulla guerra in Ucraina e le notizie del 15 agosto. Nella notte di Ferragosto la Russia ha scatenato il più grande attacco aereo sulla regione occidentale di Leopoli da inizio guerra. Intanto Mosca fa i primi conti con la crisi economica alzando i tassi di interesse al 12% dopo il crollo del rublo.
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Guerra Ucraina-Russia, almeno 500 bambini sono stati uccisi dall’inizio del conflitto


Gli ultimi aggiornamenti sulla guerra in Ucraina e le notizie di domenica 13 agosto. Dall'inizio del conflitto sono stati uccisi almeno 500 bambini, secondo stime ucraine. Oggi un neonato è morto in un bombardamento. Il gruppo Wagner, invece, starebbe andando verso un "ridimensionamento", con la possibile fine dei finanziamenti russi.
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Ucraina, allarme antiaereo a Kiev e esplosioni a Kharkiv. Zelensky: “Guerra sta arrivando in Russia”


Gli ultimi aggiornamenti sulla guerra in Ucraina e le notizie di lunedì 31 luglio: allarme antiaereo su Kiev e altre regioni, esplosioni a Kharkiv e a raid russo a Kherson. Zelensky dopo i droni abbattuti su Mosca: "La guerra sta tornando nel territorio della Russia, nei suoi centri simbolici e nelle sue basi militari, e questo è un processo inevitabile".
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Guerra Ucraina, USA: “Kiev usa bombe a grappolo”. Attacco su Odessa, danneggiata sede consolato cinese


Gli ultimi aggiornamenti sulla guerra in Ucraina e le notizie del 21 luglio 2023: gli USA confermano che Kiev sta usando le bombe a grappolo fornitegli la scorsa settimana. Attacco russo su Odessa, bombardata per la quarta notte consecutiva: danneggiato palazzo del consolato cinese. Si dimette il ministro della Cultura dopo tensione con Zelensky. Mosca annuncia esercitazioni nel Mar Nero.
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Carola Rackete si candida alle Europee con il partito di sinistra radicale Die Linke

Carola Rackete sarà candidata alle elezioni europee del 2024 come capolista del movimento di sinistra radicale Die Linke. Lo aveva preannunciato il quotidiano tedesco Die Zeit ed è stata lei stessa a confermarlo su Twitter. La donna è famosa per essere stata al comando della nave ong Sea Watch 3 con cui ha forzato il blocco navale ai confini italiani, a Lampedusa, pur di far sbarcare i migranti recuperati qualche giorno prima. Spiegando i motivi per cui si candiderà, Rackete si è definita «una sorta di cane da guardia a Bruxelles» ed «ecologista di movimento senza iscrizione a un partito».

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Carola Rackete sarà candidata con Die Linke al Parlamento europeo
Carola Rackete, ex capitano della Sea Watch 3 (Getty).

Rackete: «Decisione non facile»

Carola Rackete ha affidato il suo pensiero a un lungo thread su Twitter. «Amici, mi candido al Parlamento Europeo!», esordisce. Poi continua: «Non ve lo aspettavate? Allora indovinate con chi… con Die Linke! Perché io, ecologista di movimento senza iscrizione a un partito, sono attratta da Bruxelles e perché dobbiamo far rinascere il partito della sinistra tedesca? Lasciate che vi spieghi». Ha spiegato che «questa decisione non è stata facile per me» e che dopo essersi consultata con molti amici ha deciso di appoggiare il movimento Die Linke perché «vuole essere un progetto collettivo, anche se io sono particolarmente sotto i riflettori».

La catastrofe climatica «sta avvenendo ora»

Rackete prosegue e spiega che «è la nostra occasione per rinnovare il partito» perché Die Linke «ha finalmente deciso di porre fine alle divisioni e ai racconti di cospirazione e di ricostruire». L’ex comandante continua: «Con la mia candidatura voglio aprire la strada a una nuova cooperazione tra i movimenti sociali e il partito. Voglio condividere il mandato con gruppi che altrimenti non avrebbero accesso al Parlamento: residenti nell’UE senza passaporto europeo e movimenti del Sud del mondo». E introduce uno dei temi centrali, quello ambientale: «Abbiamo appena vissuto la settimana più calda degli ultimi 120.000 anni. La catastrofe climatica sta avvenendo ora. È un prodotto della cattiva gestione capitalista e colpisce sempre chi è già in difficoltà, dall’est della Germania al sud globale. Questa catastrofe socio-ecologica può essere affrontata solo se mettiamo fine alla caccia al profitto, dove è in gioco la nostra sopravvivenza».

Carola Rackete sarà candidata con Die Linke al Parlamento europeo
Carola Rackete nel 2020 alla presentazione della sua biografia (Getty).

Legge sul ripristino della natura, via libera del Parlamento europeo

Seppur con alcuni emendamenti rispetto al testo della Commissione, è arrivato il via libera dell’Eurocamera alla legge per il ripristino della natura (Nature Restoration Law), progetto mirato al ripristino della biodiversità e al recupero delle aree naturali gravemente compromesse. La legge è passata con 336 voti favorevoli, 300 voti contrari e 13 astenuti. Ora potranno iniziare i negoziati legislativi con il Consiglio. Poco prima lo stesso parlamento aveva bocciato la richiesta di rigetto della legge avanzata dal Ppe e dai gruppi di destra.

Legge sul ripristino della natura, via libera del Parlamento europeo. Greta Thunberg: «La nostra battaglia continua».
Greta Thunberg insieme ad altri attivisti all’esterno del Parlamento Ue (Getty Images).

Greta Thunberg: «La nostra battaglia continua, senza natura non c’è futuro»

«La nostra battaglia continua, senza natura non c’è futuro», ha dichiarato Greta Thunberg ai cronisti dopo il voto favorevole alla legge sulla natura. L’attivista ha poi aggiunto: «È scandaloso che si debba lottare per le briciole, questi problemi non dovrebbero neanche esistere». Così il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans: «È stato un testa a testa, ma cosi è la democrazia. Il parlamento ha un posizione negoziale, ora torniamo a negoziare e andiamo avanti a convincere anche chi non è ancora convito».

Per la prima volta l’Ue avrà una legge in materia non solo protettiva, ma proattiva

«Oggi a Strasburgo festeggiamo una grande vittoria del fronte Progressista, democratico ed ecologista al Parlamento europeo. Gli sforzi delle destre non sono riusciti ad affossare uno dei capisaldi del Green Deal», ha scritto su Twitter la vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno. Così Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra: «Quella di oggi è una grande vittoria in nome delle generazioni presenti e future».

Legge sul ripristino della natura, via libera del Parlamento europeo. Greta Thunberg: «La nostra battaglia continua».
Il Parlamento europeo, a Strasburgo (Getty Images).

La Nature Restoration Law, come già suggerisce il nome, è un provvedimento unico nella storia della comunità europea, che per la prima volta avrà una legge con una funzione non solo protettiva, ma proattiva. Proteggere la natura esistente è fondamentale ma non basta più: l’obiettivo è ripristinare quella perduta.

 

Il generale Chiapperini spiega come procede la controffensiva ucraina dopo l’accerchiamento di Bakhmut


L'intervista di Fanpage.it al generale Luigi Chiapperini sulla controffensiva ucraina dopo che Kiev ha annunciato di aver accerchiato Bakhmut con i russi in trappola: "Morire per questa città per i russi e gli ucraini ha un senso, anche se terribile. Se dovessero riuscire a isolarla completamente, le forze circondate all’interno dell’abitato non fornirebbero più alcun valore aggiunto alla difesa complessiva russa".
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Vertice Nato a Vilnius, di cosa si parla oggi. Stoltenberg: “Summit storico”, Zelensky: “Basta incertezze”


Inizia oggi il vertice Nato a Vilnius che durerà due giorni. I leader dei 31 Paesi membri dell’Alleanza Atlantica si incontreranno in Lituania per un vertice complesso. Tra i temi in agenda la guerra in Ucraina e la fornitura di armi a Kiev annunciata da Biden e l’adesione della Svezia, ora più vicina dopo il sì di Erdogan.
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In Moldavia c’è stata una sparatoria all’aeroporto di Chisinau

Un cittadino straniero ha aperto il fuoco all’interno dell’aeroporto internazionale di Chisinau, scalo della capitale della Moldavia. Ad annunciarlo è stato la portavoce della polizia, Diana Fetko, che ha spiegato come gli agenti fossero già all’aeroporto e che alcuni voli hanno subito dei ritardi. Gli spari hanno allarmato i passeggeri, fuggiti all’impazzata come testimoniano alcuni video sui social. L’agenzia russa Tass ha riportato una nota del ministero dell’Interno moldavo in cui si racconta la vicenda: «Uno straniero a cui è stato vietato l’ingresso nel Paese, ha aperto il fuoco contro una guardia di frontiera e poi si è barricato in una delle stanze. Le persone sono state evacuate dall’edificio».

Un uomo ha aperto il fuoco all'interno dell'aeroporto internazionale di Chisinau, in Moldavia
Poliziotti dei servizi speciali in Moldavia (Getty).

Il primo bollettino parla di due persone uccise

Il primo bollettino diramato dalle autorità parla di almeno due morti. Si tratta di una guardia di frontiera e di un civile. Su Twitter il portale dell’Est Europa, Nexta tv, ha raccontato l’arrivo delle forze speciali Fulger, che avrebbero isolato la struttura e fatto evacuare tutti. Poi la cattura dell’aggressore, che è rimasto ferito in una delle sparatorie ed è stato arrestato. Lo confermano anche i media locali. Secondo Reuters, che cita fonti all’interno dei corpi speciali di polizia moldavi, l’uomo è arrivato dalla Turchia ma non ha ricevuto l’autorizzazione per entrare in Moldavia.

Per i media moldavi l’aggressore è un russo della Wagner

Pulse media, ripreso anche dagli altri quotidiani e portali moldavi, ha rivelato un’indiscrezione secondo cui l’uomo che ha aperto il fuoco sarebbe un cittadino russo della milizia Wagner.

I guai di Meloni sui migranti per l’ennesima spaccatura dei sovranisti europei

Se due indizi non sono ancora una prova, certo sembra davvero difficile considerali solo una coincidenza. Tre settimane dopo il primo strappo, il fronte sovranista europeo si è spaccato di nuovo. Giorgia Meloni da una parte, Polonia e Ungheria dall’altra. Il motivo è sempre lo stesso: la gestione dei migranti. Il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo, che di fatto dovrebbe sostituire il regolamento di Dublino, è visto come fumo negli occhi dalle parti di Varsavia e Budapest.

Polonia e Ungheria contro la maggioranza qualificata

Teatro della nuova frattura è stato così il Consiglio europeo del 29-30 giugno durante il quale i due Paesi hanno deciso di imboccare la strada dell’ostruzionismo, rifiutandosi, al termine del primo giorno, di sottoscrivere qualsiasi documento conclusivo se non fossero state affrontate le loro perplessità sulle questioni migratorie. Che il clima fosse tutt’altro che idilliaco lo si era capitò già l’8 giugno quando, nel corso di un vertice dei ministri degli Interni europei in Lussemburgo, si era consumata la prima vera frattura tra Meloni e gli amici del gruppo di Visegrad. Il nuovo patto Ue sui migranti era stato, infatti, approvato con 25 sì e due no. Un’intesa considerata “illegale” da Polonia e Ungheria perché raggiunta con una maggioranza qualificata e non con il voto unanime.

I guai di Meloni sui migranti per l'ennesima spaccatura dei sovranisti europei
Giorgia Meloni durante il Consiglio europeo (Imagoeconomica).

Ricollocamento o sanzione da 20 mila euro a migrante

Il no di Varsavia e Budapest è legato al meccanismo di solidarietà previsto dalla riforma: per il Paese europeo che si trova ad affrontare un afflusso straordinario di migranti, scatta il ricollocamento dei richiedenti asilo negli altri Stati membri. Chi si rifiuta di accogliere sarà costretto a pagare 20 mila euro a migrante. Strumento che, nelle intenzioni di chi vuole la riforma, serve soprattutto per andare incontro ai Paesi di primo approdo, come l’Italia. Tant’è che da più parti a Bruxelles si considerava proprio Giorgia Meloni come la vera vincitrice dell’accordo. “Sull’immigrazione ha vinto l’Italia” titolava per esempio Politico.eu in un articolo pubblicato il 21 giugno.

L’Italia era riuscita a convincere persino la Germania

La premier italiana era riuscita a piegare soprattutto le resistenze della Germania: «I colloqui», racconta ancora Politico.eu, «erano sull’orlo del fallimento, come da anni. L’Italia voleva più autorità per rimuovere i richiedenti asilo respinti. La Germania temeva che ciò avrebbe creato violazioni dei diritti umani». Nonostante Berlino abbia sempre fatto valere, nelle trattative con gli alleati europei, la sua forza politica ed economica, a spuntarla in questo caso è stata proprio la premier italiana: «È stato un momento significativo. La Germania, il Paese più popolato dell’Ue e la sua maggiore economia, spesso ottiene ciò che vuole quando negozia a Bruxelles. L’Italia, con i suoi governi in continuo cambiamento, no. Questa volta, però, il clima è cambiato», continua Politico.eu.

I guai di Meloni sui migranti per l'ennesima spaccatura dei sovranisti europei
Viktor Orban e Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

La contro-proposta dei due dissidenti è un no a tutto

Nonostante i successi celebrati anche dall’establishment europeo, Meloni non può gioire a pieno: i vecchi amici sovranisti che non sentono ragioni sono un problema. E per alleggerire il clima non può bastare l’elegante baciamano alla premier italiana a favore di flash del presidente ungherese Viktor Orban o le dichiarazioni pubbliche di grande intesa del premier polacco e principale alleato nei conservatori europei, Mateusz Morawiecki. La frattura c’è, basta guardare la contro-proposta, portata dal governo polacco al Consiglio europeo. Intitolata “Europa delle frontiere”, di fatto è un “no” a tutto: «No all’immigrazione clandestina, no all’imposizione di sanzioni pecuniarie o sanzioni varie».

Meloni non vuole passi indietro sul dossier tra Ue e Tunisia

Come spiega Europa Today difficilmente, però, l’accordo sul Patto Ue sui migranti verrà rivisto a livello di governi: l’iter legislativo andrà avanti, passando dal parlamento, per poi tornare al tavolo dei leader europei, dove non saranno necessari i voti di Polonia e Ungheria. Per l’Italia, l’importante è che l’ostruzionismo di Orban e Morawiecki non metta a repentaglio i passi avanti sulla cooperazione tra Ue e Tunisia. Dossier molto caro alla Meloni. L’obiettivo della premier è dunque ambizioso quanto difficile: mettere tutti d’accordo evitando la terza frattura in poche settimane con gli amici di Visegrad. Se non ci riuscisse, tre indizi finirebbero per essere la prova che nel sovranismo europeo qualcosa scricchiola.

Rogo del Corano, Erdogan contro la Svezia: «Insultare i musulmani non è libertà di pensiero»

A poche ore dal rogo del Corano davanti alla più importante moschea di Stoccolma, la Svezia incassa le critiche del mondo musulmano e del leader della Turchia, Recep Tayyip Erdogan. Durante un evento del proprio partito, l’Akp, il presidente turco prende posizione e lo fa in maniera netta, condannando il gesto. «La Turchia reagirà nel modo più forte fino a quando non verrà condotta una lotta decisa contro le organizzazioni terroristiche e i nemici dell’Islam», ha dichiarato Erdogan. «Chi consente questo crimine con il pretesto della libertà di pensiero e chi chiude un occhio davanti a questa insolenza non raggiungerà i propri obiettivi. Alla fine insegneremo ai monumenti occidentali di arroganza che insultare i musulmani non è libertà di pensiero».

Il presidente turco Erdogan attacca la Svezia per l'autorizzazione al rogo del Corano mentre monta la protesta dei Paesi musulmani
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (Getty).

Il no della Turchia all’ingresso nella Nato della Svezia

Quanto accaduto il 28 giugno a Stoccolma, dove un 37enne ha preso a calci il Corano prima di bruciarlo, rischia di compromettere ulteriormente i rapporti già tesi tra la Svezia e la Turchia. Da tempo Ankara si oppone all’ingresso del Paese svedese, storicamente neutrale, nella Nato. Il governo di Stoccolma deve avere i sì di tutti gli Stati membri e fino ad ora Erdogan e Viktor Orban, leader dell’Ungheria, hanno posto il proprio veto. Adesso appare ancora più difficile che il leader turco possa cambiare idea. Erdogan si fa portavoce del mondo musulmano e l’11 luglio, al vertice Nato di Vilnius, sembra ormai scontato l’ennesimo no.

Proteste all’ambasciata svedese a Baghdad

Intanto le proteste generate dal rogo del Corano montano sia in Iraq sia in Marocco e in diversi altri Paesi musulmani. A Baghdad l’ambasciata svedese è stata presa d’assalto da alcuni sostenitori del leader sciita Moqtada al Sadr. I manifestanti hanno fatto irruzione e sono rimasto all’interno per un quarto d’ora prima di andare via all’arrivo delle autorità. Distribuiti anche volantini con la frase: «La nostra Costituzione è il Corano». Bruciate diverse bandiere arcobaleno, simbolo della comunità Lgbtq+. Il Marocco intanto ha richiamato il proprio ambasciatore in Svezia parlando di «nuovo atto offensivo e irresponsabile» che «ignora i sentimenti di oltre un miliardo di musulmani, in questo periodo sacro del grande pellegrinaggio alla Mecca e della festa benedetta di Eid al Adha». Proteste anche in Egitto, Iran, Arabia Saudita, Kuwait, Siria, Emirati arabi uniti, Palestina, dai talebani in Afghanistan e dall’Hezbollah libanese.

Il presidente turco Erdogan attacca la Svezia per l'autorizzazione al rogo del Corano mentre monta la protesta dei Paesi musulmani
Proteste nei Paesi musulmani: bruciate anche le bandiere della Svezia (Getty).