La Chiesa italiana da molti anni sta cercando di scongiurare un’operazione verità sullo scandalo degli abusi sessuali su minori simile a quanto avvenuto in Francia e Spagna dove, rapporti indipendenti, nel caso francese però promossi dalla stessa conferenza episcopale, hanno portato alla luce una realtà fatta di centinaia di migliaia di violenze messe in atto in gran parte da chierici, e in un certo numero di casi da laici che lavoravano in ambito ecclesiale.
L’impegno della Chiesa italiana per fare luce sugli abusi resta perlopiù sulla carta
Certo, a parole l’impegno non manca neanche in Italia. A parole, appunto, perché i fatti non si vedono. Tuttavia, la Cei, anche quest’anno, il prossimo 18 novembre, «celebra la III Giornata nazionale di preghiera della Chiesa italiana per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. L’iniziativa, istituita in corrispondenza della Giornata europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, coinvolge tutta la comunità cristiana nella preghiera, nella richiesta di perdono per i peccati commessi e nella sensibilizzazione riguardo questa dolorosa realtà». Le celebrazioni insomma si susseguono regolari, le strutture che dovrebbero occuparsi del problema sulla carta esistono, si pensi al Servizio nazionale per la tutela dei minori, così come formalmente sono attivi ormai in ogni diocesi i centri d’ascolto per raccogliere le denunce delle vittime (anche se resta un mistero la ragione per cui chi è stato vittima di un abuso si dovrebbe rivolgere a quella stessa istituzione che, più o meno indirettamente, è responsabile dell’aggressione sessuale). Tuttavia, ha ripetuto spesso l’arcivescovo responsabile del servizio tutela dei minori della Cei, mons. Lorenzo Ghizzoni (a capo della diocesi di Ravenna), obiettivo della conferenza episcopale è quello di guardare avanti e non al passato, di pensare cioè alla formazione dei futuri sacerdoti nei seminari e, in generale, di affrontare il tema dell’abuso sul minore in ogni ambito della vita delle comunità. Già, peccato però che senza il riconoscimento almeno di una parte delle proprie responsabilità nell’aver insabbiato e coperto vicende di abusi, ben difficilmente si arriverà a quella messa in discussione della cultura dell’omertà e del clericalismo – denunciata a più riprese dal Papa – che ha caratterizzato il modo di procedere della Chiesa italiana su tutta la questione.
Che fine hanno fatto i 613 fascicoli contenenti le denunce arrivate alla ex Congregazione per la dottrina della Fede?
Quest’anno era comunque attesa un prima timida apertura anche sul fronte dei numeri, cioè delle dimensioni e della casistica dello scandalo. Giusto un anno fa, infatti, venne annunciato dal segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi, nel corso di una conferenza stampa, un nuovo dato relativo ai 613 fascicoli contenenti denunce di abusi arrivati alla ex Congregazione per la Dottrina della Fede dalle diocesi italiane, mons. Baturi spiegava che sarebbe stata svolta «una indagine in collaborazione con il Dicastero per un esame qualitativo e quantitativo del fenomeno emerso in sede istituzionale in Italia negli ultimi 20 anni». Si trattava, in ogni caso, di un numero ben più ampio rispetto a quelli comunicati in passato dalla Cei sull’ultimo decennio. Baturi chiariva inoltre che «dalle notizie che abbiamo raccolto sono più di 600 i fascicoli ma serve un esame per comprendere quante e quali siano le vittime, in che contesto vivono, chi sono i responsabili, i loro profili, la nostra capacità di reagire alle denunce. Tutto sarà oggetto di ricerca su casi reali e ci vorrà tempo ma la Cei sarà supportata da centri indipendenti». Un anno dopo, di quella ricerca non si sa più nulla, «si stanno ancora elaborando i criteri interpretativi» dicono laconicamente dalla Cei.
Atteso anche il secondo report sugli abusi: niente conferenze stampa ma un incontro a porte chiuse
D’altro canto era atteso anche il secondo report sui casi rilevati dai centri per l’ascolto delle diocesi italiane, dati in realtà non molto significativi e relativi giusto agli ultimissimi anni. Questi ultimi dovrebbero essere, in tutto o in parte, distribuiti alla stampa, ma il report vero e proprio no, né ci sarà conferenza stampa di presentazione dei dati come avvenne un anno fa. In compenso si svolgerà un incontro a porte chiuse il 17 e 18 novembre, a due passi dal Vaticano, al centro congressi Augustinianum, fra tutti i referenti territoriali del servizio per la tutela dei minori. Nel corso dei lavori verrà presentato il II report nazionale sulle attività dei servizi territoriali. Dalla prima indagine emerse che c’erano state 89 vittime (61 minorenni), nel biennio 2020-21, si segnalavano quindi casi di abusi – metà recenti, metà del passato – compiuti da 68 presunti abusatori. Non solo sacerdoti (30) e religiosi (15), ma anche laici (23) quali insegnanti di religione, sagrestani, animatori dell’oratorio, responsabili di associazione, direttori di uffici di curia, catechisti e presidenti di Onlus. A molti di questi, si spiegava, sono stati offerti percorsi di riparazione in comunità di accoglienza e accompagnamento psicoterapeutico. Se si considera il breve lasso di tempo considerato, se si tiene inoltre presente che la rete dei centri d’ascolto non era ancora estesa su tutto il territorio, che molti centri esistevano solo formalmente ma non dal punto di vista operativo, e la difficoltà per le stesse vittime di rivolgersi alle strutture ecclesiali per denunciare un abuso, non si tratta di numeri tanto marginali, tutt’altro. Sarebbe anzi interessante sapere come si è proceduto nei vari casi sollevati, quante volte ad esempio si è cercata la collaborazione delle autorità civili e in quanti casi si è avviato un processo canonico per arrivare all’accertamento dei fatti e delle responsabilità. Da parte sua, il presidente della Cei, il card. Matteo Zuppi, aprendo ad Assisi lo scorso 13 novembre i lavori dell’assemblea generale della Cei, non aggiungeva molto al già noto: «La seconda Rilevazione sulle attività di tutela dei minori degli adulti vulnerabili nelle Diocesi italiane, che verrà consegnata in questi giorni», affermava infatti, «conferma l’impegno continuo delle nostre Chiese nel consolidare ambienti più sicuri per i minori attraverso la formazione degli operatori pastorali. Nelle équipe che affiancano i Servizi e i Centri di ascolto sono diverse centinaia gli uomini e le donne che impegnano la loro passione per la Chiesa e le loro competenze professionali in questo delicato servizio». Niente di più.