Renzi non perdona gli ex amici e ora vuol fare di Nardella il nuovo Calenda

Matteo Renzi non si tira mai indietro quando c’è da prendere di punta uno che l’ha fatto adontare. E adesso sono due i malcapitati. Uno sta a Firenze e fa il sindaco, si chiama Dario Nardella. L’altro sta a Roma e fa il leader di Azione, si chiama Carlo Calenda. L’ex presidente del Consiglio non tollera l’ingratitudine, non l’ha mai sopportata e punisce sempre chiunque – a suo dire – non si dimostri riconoscente per l’unzione ricevuta negli anni.

Renzi non perdona gli ex amici e ora vuol fare di Nardella il nuovo Calenda
Carlo Calenda (Imagoeconomica).

Il divorzio tra Italia viva e Azione: Renzi e la resa dei conti con Calenda al Senato 

Per lui d’altronde un renziano è per sempre, come i diamanti. Ora, Calenda non è mai stato un matteolebano, ma per il leader di Italia Viva poco cambia: a fare il “Rappresentante Permanente d’Italia presso l’Unione Europea” ce l’ha mandato lui, ma a rompere il fu Terzo Polo – è sempre il pensiero di Renzi, eh – è stato quello sfascista di Azione. E via così. Questa settimana, il senatore semplice di Firenze – perfido come pochi – ha servito all’ex amico libdem una lezione in punta di tattica sul regolamento parlamentare. Il divorzio più lungo della storia, quello fra Azione e Italia Viva, aveva infatti bisogno di un ulteriore aggiustamento, visto che al Senato i partiti dei due gran galli del pollaio erano nello stesso gruppo e Calenda non ne poteva più di respirare la stessa aria di Renzi. Sicché, dopo giorni di discussioni senatoriali e carte con i bollini di Palazzo Madama, la Giunta per il regolamento del Senato ha premiato l’ex presidente del Consiglio: il gruppo resterà a Italia viva, con sette senatori, e potrà in seguito cambiare anche nome. I quattro senatori di Azione, invece, passeranno al gruppo Misto, dove potranno creare una propria componente. Gli azionisti si troveranno insieme all’Alleanza di Verdi e Sinistra, cioè, fra gli altri, Peppe De Cristofaro e Ilaria Cucchi. Calenda non l’ha presa bene. I suoi dicono che senza l’aiuto del presidente del Senato Ignazio La Russa Renzi non ce l’avrebbe mai fatta a tenersi per sé il gruppo e spedire Azione nel Misto. I renziani invece amano ricordare, casualmente in questi giorni, che un mese fa Calenda era a Firenze, ospite del Pd (il Pd che a Firenze è alleato di Italia Viva, per la cronaca), e che ha burbanzosamente infilzato Renzi guadagnandosi gli applausi scroscianti degli astanti alla casa del popolo di San Bartolo a Cintoia. Ecco, la cosa non è affatto piaciuta all’ex presidente del Consiglio, che ha per l’appunto scatenato i suoi luogotenenti regionali e cittadini, come l’europarlamentare Nicola Danti, per gridare allo scandalo.

Renzi non perdona gli ex amici e ora vuol fare di Nardella il nuovo Calenda
Matteo Renzi e alle sue spalle Carlo Calenda (Imagoeconomica).

Il piano per affossare Nardella e i suoi progetti per Firenze

Ma per Renzi il nemico in casa pare essere una costante. Prendiamo il sindaco di Firenze, Nardella, futuro candidato alle Europee. Il principale desiderio di Renzi a Firenze è che perda lui, non il Pd. Ma non deve perdere solo elettoralmente – alle Europee c’è un gigantesco collegio dell’Italia Centrale da affrontare -, sarebbe troppo semplice. Anzitutto, non deve poter indicare lui il suo successore. Nardella ha già scelto: vorrebbe una sua assessora, Sara Funaro, senza passare dal via, cioè dalle primarie. Renzi non gli vuole concedere questo lusso e quindi medita per Nardella una sconfitta che sia anzitutto esistenziale, ma in tempi di vacche magre – Italia Viva non è esattamente il Pd del 40,8 per cento – può soprattutto sfruttare la sua capacità di interdizione, che a Firenze comunque un certo peso ce l’ha. Perché, nonostante l’antipatia generalizzata che riesce a suscitare oggi Renzi, la pars destruens è ancora quella che gli viene meglio. Dunque, non c’è giorno che i renziani in Toscana non avviino una polemica. A Firenze, poi, non ne parliamo. Renzi ha individuato alcune battaglie campali con cui intende attaccare Nardella, tra cui c’è il caso dello stadio di Firenze, l’unico argomento che interessa davvero ai fiorentini, avendo la città un legame fortemente identitario con la sua squadra di calcio. L’Artemio Franchi è da rifare, Nardella avrebbe voluto usare i quattrini del Pnrr, ma il governo Meloni ha detto di no (Renzi naturalmente concorda con il rifiuto) e quindi ora Palazzo Vecchio deve inventarsi nuove soluzioni. Solo che le prossime elezioni amministrative incombono, e la città non sembra essere pronta: le cronache locali dei giornali sono piene di episodi di microcriminalità, di cantieri, di lavori, di polemiche decennali sullo stadio (e l’aeroporto di Peretola, che necessiterebbe di una nuova pista, epperò osteggiata dai Comuni limitrofi di Firenze; vecchia storia, pure quella). Renzi sa insomma dove colpire e vuole fare di Nardella un nuovo Calenda.