All’indomani del suo addio alla Rai, che ha lasciato dopo 60 anni per una «cattiva gestione della maggioranza di governo», Corrado Augias ha fornito maggiori dettagli sulla sua decisione attraverso le pagine di Repubblica. Il giornalista se l’è presa prende con l’esecutivo definendolo «approssimativo e incompetente» e in grado di produrre «il massimo di efficienza nella progressiva distruzione della Radiotelevisione italiana».
Augias ricorda l’arrivo nella Rai degli Anni 60 a guida Dc
Nell’esporre le proprie ragioni, Corrado Augias è partito dall’inizio della sua carriera, da quando cioè il 1° luglio 1960 era entrato in Rai tramite concorso: «Quando sono entrato in azienda, la Rai era un feudo democristiano. Ettore Bernabei, poco dopo, divenne il dominus, la Dc era il suo partito, Amintore Fanfani il referente. L’atmosfera politica era angusta ma il livello culturale faceva della Rai una delle migliori televisioni europee». C’era dunque una forte trazione democristiana alla guida dell’azienda, ma questo non ha impedito alla tv di Stato di operare in maniera libera e pluralista.
«Il governo Meloni vuole raccontare daccapo la storia»
Il giornalista ha fatto poi un salto al 1975, all’anno di introduzione del pluralismo garantito in Rai, elemento che definisce «una forma scientifica di lottizzazione». Con tale manovra, infatti, veniva concessa Rai 1 ai democristiani, Rai 2 ai socialisti e Rai 3 ai comunisti. Da li in poi, a ogni nuova maggioranza parlamentare, sarebbe seguito per Augias l’arrivo nella tv di Stato di «nuovi fedeli, tutti accomunati dallo stesso desiderio: occupare un incarico di un certo prestigio, avere uno stipendio migliore». Si arriva così al 2022, al governo guidato da Giorgia Meloni, il più a destra della storia repubblicana italiana, con gli obiettivi dati all’azienda di Stato che, per il giornalista, sarebbero diventati più numerosi. È lui stesso a chiarire i perché: «Si è aggiunta la voglia di raccontare daccapo la storia. Finora ne abbiamo avuto solo qualche accenno anche perché non è che abbondino, da quella parte, quelli in grado di farlo. Temo di sapere che di qui a qualche mese questo impulso crescerà di forza, se le cose resteranno come oggi sono».
«Governo approssimativo e incompetente»
Per Corrado Augias il governo avrebbe dimostrato in questi mesi di essere «approssimativo e incompetente», producendo la sua efficienza solo nella distruzione della Radiotelevisione italiana. Così il giornalista: «Ho visto negli ultimi mesi dilettantismo, scelte improvvide, la presunzione che una pedina valga l’altra, l’inconsapevolezza che l’efficacia televisiva è una delicata miscela di professionalità e congruenza con l’argomento, la dimenticanza che l’egemonia culturale non si può imporre piazzando un fedele seguace qua e uno là. Sono materie (non le sole, del resto) in cui la competenza deve prevalere sulla fedeltà».
La scelta autonoma di Augias di lasciare la Rai
Tutte le ragioni in precedenza esposte avrebbero spinto Augias a lasciare la Rai, «senza bisogno che qualcuno mi chiedesse di accomodarmi» come dice lui. E ancora: «Se fossi stato più giovane sarei rimasto cercando, se possibile, di riequilibrare un po’ la deriva. Però sono vecchio e vorrei continuare a lavorare, fin quando avrò sufficiente consenso, con persone amiche in un ambiente cordiale. Resta questa brutta storia, avevano annunciato di voler demolire la Rai dei comunisti. Stanno semplicemente demolendo la Rai». Il giornalista continuerà ora la sua carriera a La7, la televisione di proprietà di Urbano Cairo, dove condurrà La Torre di Babele, programma di prima serata in onda da lunedì 4 dicembre. Ad annunciare l’arrivo del giornalista nella rete è stato anche il direttore Andrea Salerno con un tweet su X.
Arrivi a @La7tv pic.twitter.com/RHEJeSh16K
— Andrea Salerno (@SalernoSal) November 6, 2023