Gli Articolo 31 sono davvero un Classico

Alla faccia della nostalgia. Gli Articolo 31, cioè J-Ax  e DJ Jad, tornano con Classico, un singolo che con la solita ironia che negli anni, decenni ormai, ci hanno fatto conoscere, sembra voler mettere tutti i puntini sulle i. Perché loro sono dei classici, non dei vecchi, un po’ come Vasco, ripetono nel ritornello, poi omaggiandolo citando Vado al massimo. E perché la nostalgia non sanno proprio cosa sia, men che meno si arroccano su posizioni generazionali, anzi.

Un Classico per boomer, presi a pizze in faccia, e per giovani «stupidi che preferiscono sognare»

Fermi tutti. Raccontare una canzone, converrete con chi scrive, è operazione futile quanto cringe, parola che nel testo della canzone trova ovviamente spazio, ma trovare oggi una canzone il cui testo abbia un peso specifico alto – non che non lo abbia anche la musica messa su per l’occasione da Jad – e che soprattutto pretenda l’attenzione non solo dei coetanei degli autori – quei boomer che nel medesimo pezzo sono legittimamente presi a pizze in faccia e «che risolvono complotti ma sbagliano i congiuntivi» – ma anche dei giovani che «non vogliono più lavorare perché sono pigri, che stupidi preferiscono illudersi e sognare, invece della paga in nero per lavori umili» – spesso bullizzati dai medesimi boomer, trattati come appestati, debosciati, introflessi su loro stessi e chi più ne ha più ne metta – è qualcosa di talmente raro da pretendere una celebrazione, oltre che una analisi. Il fatto è che gli Articolo 31, è vero quanto Ax recita nel ritornello, sono un classico, i titoli stanno lì per un motivo serio, in fondo. Classico, cioè una rara realtà che ha la stima non solo di chi c’era ai tempi in cui sono usciti, ma anche di chi è arrivato dopo, e magari li ha conosciuti nel lungo periodo sabbatico che i due vecchi compari si sono presi, salvo poi tornare insieme ufficialmente in occasione dell’ultimo Sanremo dove hanno presentato Un bel viaggio.

La parentesi di Disco Paradise

E se all’Ariston hanno presentato un brano che guardava al passato, senza recriminazioni, rimpianti o rimorsi, tanto per citare la banda Bonnot, due adulti che non fingono di essere ragazzini e che, usando un linguaggio comunque appetibile anche per i ragazzini, provano a cantare la vita e il ritrovarsi rappacificati con una serenità di fondo che in epoca di polarizzazioni ci aveva colpito non poco, stavolta decidono di premere sul tasto dell’ironia e lo sfottò, una delle frecce nella loro faretra praticamente da sempre, andando a mettere alla berlina tutti quelli che li hanno tacciato di nostalgia, così come quelli che li hanno poi tacciati di giovanilismo, questo a causa della hit estiva Disco paradise, in compagnia di un a sua volta, per Ax, ritrovato Fedez e della regina delle charts Annalisa, lì a farsi concorrenza da sola. A tal proposito, e giusto per esercitare un po’ di quella ironia, va detto che il tormentone – baciato dalle classifiche e dal gradimento del pubblico d’oggi, in prevalenza di giovanissimi, questo pur rimandando il brano a un passato anche passato per gli autori stessi, gli Anni 60 mica li hanno vissuti, Ax e Jad – è una canzone di una leggerezza che tende all’effimero. E non si leggano queste parole come quelle di chi adora l’effimero e non perde occasione per celebrarlo. No, è proprio una canzoncina irrilevante e questo nonostante la presenza degli Articolo 31 e di Annalisa. Fatto che, per una di quelle proprietà matematiche che proprio per il mio essere boomer  ho dimenticato (troppi anni tra me e la scuola) fa sì che io arrivi alla seguente teoria: le canzoni degli Articolo 31 mi piacciono, quelle di Annalisa mi piacciono, quelle di Fedez no, quindi, siccome Disco paradise non mi piace, è Fedez il problema, come quelle spezie che le usi e rovinano piatti che altrimenti adoriamo, ognuno di noi ha la propria, la mia è Fedez.

Gli Articolo 31 sono un Classico che non passa di moda
Dj Jad e Dj Ax.

Al bando la nostalgia per un passato non così da rimpiangere

Tornando però a Classico, ecco che la canzone, uscita alla mezzanotte tra giovedì 26 e venerdì 27 ottobre, come di prassi, è un brano che si fa ascoltare per il suo incedere baldanzoso e comunque appoggiato su solide basi rock’n’roll, e per un testo che è un incastro di schiaffi e buffetti. Chiaro per chi facciano il tifo gli Articolo 31, nell’eterna guerra tra generazione. Al centro la nostalgia per un passato che in realtà non è che sia poi così da rimpiangere sgretolata a colpi di piccone. La figura degli zombie nei parchetti, laccio emostatico al braccio e siringa buttata in terra, parla chiaro, come parla chiaro anche il palese affetto che il nostro, anzi, i nostri provano nei confronti dei giovani, troppo spesso tirati per la giacchetta da chi non perde occasione per dirsi migliore di chi è arrivato dopo. Un po’ un prendere le distanze dai propri coetanei, certo, ma una presa di posizione quantomai condivisibile: in fin dei conti non c’è di peggio di un boomer che non fa i conti con la propria anagrafe e decide di entrare in competizione con chi, nei fatti, dovrebbe essere accompagnato alla vita. La nostalgia quindi è messa al bando, o bannata che dir si voglia, mentre il concetto di classicità, usato con autoironia, non è poi così scherzoso come Ax e Jad vogliono farci credere, se è vero come è vero che praticamente tutti i rapper arrivati dopo di loro – e la storia ci dice che salvo quelli delle Posse tutti i rapper sono arrivati dopo di loro in Italia – hanno finito per riconoscere la loro primogenitura. Quelli nati dopo che loro già erano col microfono e i piatti in mano, rapper e trapper, riconoscono al duo una sorta di padrinato, sorte condivisa, lato pop, con Max Pezzali e gli 883: gli uni intenti a raccontare le periferie, gli altri la provincia.

Gli Articolo 31 sono un Classico che non passa di moda
Dal video di Classico.

Fregandosene delle convenzioni, J-Ax e DJ Jad si schierano senza se e senza ma con la nuova generazione

Il singolo è stato lanciato sui social dagli Articolo 31 con una iconica foto dei due che, braccia conserte dietro la schiena, guardano attraverso una rete un cantiere, titolo trasformato per l’occasione in Vecchi di merda- Classico, riprendendo un verso particolarmente identificativo del testo, difficile non capire da che parte stiamo i nostri eroi, anche volendo. I rischi dell’esercizio di stile, quando si è particolarmente talentuosi e la carriera e la vita ce lo hanno fatto capire è un attimo gigioneggiare camminando sul filo dell’autocompiacimento, è fugato dall’urgenza di prendere una posizione, decisamente impopolare: schierarsi senza se e senza ma dalla parte dei ragazzi. Urgenza che sotto le mani di J-Ax e DJ Jad diventa però quantomai pop, al punto da generare una sorta di paradosso un pop impopolare. Converrete è qualcosa che solo chi è abituato a giocare con le parole è in grado di concepire. Così come è solo di chi si è abituato nel tempo a fregarsene delle convenzioni, surfando sempre in cima alle onde non perdendo mai di vista l’idea di divertirsi. La chiamano musica leggera mica per caso.

Gli Articolo 31 sono un Classico che non passa di moda
Gli Articolo 31 sul palco dell’Ariston (Getty Images).

Sala invece di celebrare il ritorno dei Club Dogo avrebbe potuto accompagnare gli Articolo in qualche vera periferia

Il sindaco Beppe Sala, invece di prestarsi a celebrare il ritorno dei Club Dogo, raccontando una Milano-Ghotam City di cui, sicuramente, non dovrebbe andare poi così fiero, avrebbe dovuto celebrare loro, gli Articolo 31, magari lanciandoli a passeggio per una di quelle periferie nelle quali sono nati e cresciuti, e che per questo hanno deciso di raccontare, quelle periferie che a occhio lui, Sala, si è dimenticato di frequentare, se non per gesti eclatanti quali l’incontro con il gruppo degli Seven 7oo, confondendo l’hype con la qualità, le pose con la vita vera. In fondo è anche di lui che si parla in Classico, a farsi i selfie coi calzini arcobaleno, salvo poi tuonare coi giovani della movida. Claudio Santamaria, nel video-spot del ritorno dei Club Dogo, che vede il primo cittadino coprotagonista, cita, senza però nominarlo, la famosa frase di Bertold Brecht «sventurato un popolo che ha bisogno di eroi». Qui tocca chiudere citando un Bakunin apocrifo, quando si corre il rischio di prendersi troppo sul serio è bene armarsi di ironia al grido di «una risata vi seppellirà», e gli Articolo 31 ancora una volta ci riescono.