Il processo sul sequestro, le torture e la morte di Giulio Regeni ci sarà. Svolta nel caso dell’omicidio del 2016 del ricercatore italiano e dell’inchiesta contro i quattro 007 egiziani, accusati di averlo rapito e ucciso. La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 402 bis comma 3 del codice di procedura penale, norma che fino a oggi ha permesso agli imputati di sottrarsi al processo non comunicando i propri indirizzi. Così facendo non era possibile notificare gli atti e il processo, secondo la Corte d’Assise di Roma e la Cassazione, non poteva cominciare.
La note della Consulta
In una nota inviata ieri pomeriggio dall’ufficio comunicazione della Corte costituzionale si legge: «In attesa del deposito della sentenza la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice proceda in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell’imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa».
Il processo si terrà senza le notifiche
Quindi, di fatto, il processo. in casi di tortura, si terrà senza le notifiche quando il Paese stranieri non collabora. Accolta quindi la tesi della famiglia, dei pm e del gup di Roma, Roberto Ranazzi, che ha chiesto l’intervento della Consulta. Quest’ultimo aveva dichiarato: «Non vi è processo più ingiusto di quello che non si può instaurare per volontà di un’autorità di governo. Perché ripugna al senso comune di giustizia che un fatto così grave non possa essere oggetto di un processo».
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