Papa Francesco, i rapporti con la Russia e la diffidenza verso gli Usa

Non potevano che suscitare scalpore le ultime uscite di Bergoglio sulla “grande madre Russia”, dato almeno il contesto in cui sono arrivate. Francesco, infatti, parlando in videocollegamento a un nutrito gruppo di giovani cattolici russi lo scorso 25 agosto, dopo averli invitati a essere artigiani di pace, contraddittoriamente e un po’ a sorpresa, ha indicato loro come esempi e modelli di riferimento cui guardare e di cui essere eredi preservandone la tradizione, Pietro il grande e Caterina II; zar e zarine insomma, parte di quella tradizione russa imperiale più adatta a un discorso nostalgico che a una interpretazione della storia capace di costruire il presente e il futuro di una grande nazione che, in tutta evidenza, ha bisogno di uscire dal proprio mito decaduto per ricostruire un sistema di relazioni internazionali non più basato sul sopruso all’interno e all’esterno dei propri confini.

Perché il discorso del Papa ai giovani russi è anacronistico e miope

E se è vero che Pietro e Caterina contribuirono alla modernizzazione della Russia, allo stesso tempo non c’è dubbio che la loro grandezza coincise pure con una spietatezza assolutista altrettanto ampia e spregiudicata, a un espansionismo militare, al mantenimento di uno stato di sudditanza delle masse contadine che non fu certo temperato dai timidi tentativi di riforme illuminate portati avanti da Caterina. E indubbiamente il sistema di governo zarista prolungatosi nel tempo, incapace di vedere, sia pure minimamente, le reali condizioni di vita in cui versava il popolo russo, fu tra le cause scatenanti della Rivoluzione d’Ottobre. Per questo il discorso di saluto del Papa ai giovani russi, nella sua parte conclusiva, è sembrato del tutto anacronistico, anche perché si rivolgeva a una generazione che davvero poco ha a che spartire con quella eredità. «Voi siete i figli della grande Russia», aveva scandito infatti a sorpresa Francesco, «la grande Russia dei santi, dei re, la grande Russia di Pietro I, Caterina II, quell’impero grande, colto, di grande cultura e grande umanità. Non rinunciate mai a questa eredità. Voi siete eredi della grande madre Russia, andate avanti con essa».

Papa Francesco, i rapporti con la Russia e la diffidenza verso gli Usa
Papa Francesco e il patriarca Kirill nel 2016 (Getty Images).

Bergoglio cerca di rimanere un interlocutore di Mosca e a mantenere la terzietà della Chiesa 

Certo, da parte del Pontefice, c’è la volontà di rimanere un interlocutore privilegiato anche per Mosca in un momento in cui il conflitto in Ucraina sembra essere entrato in un frangente decisivo; ma forse sussiste pure il timore che la guerra travolga tutto, anche il dialogo fra le chiese d’oriente e occidente, e che del cammino ecumenico faticosamente compiuto in questi decenni per avvicinare i due polmoni del cristianesimo, quello di Roma e quello di Mosca, alla fine non resti che un cumulo di macerie. Di sicuro, in ogni caso, c’è il fatto che ogni pronunciamento del Papa sulla Russia è destinato a far discutere. Del resto Francesco non si rassegna a iscrivere la Chiesa cattolica in uno dei due schieramenti che si fronteggiano nei territori contesi dell’Ucraina, verrebbe meno, secondo la prospettiva della Santa Sede, quella posizione di terzietà, di indipendenza, in grado di garantire al Vaticano la possibilità di giocare un ruolo di primo piano qualora sul serio si avviassero dei negoziati di pace. Questa la scommessa fatta dal Papa, forse non del tutto in sintonia, nelle modalità scelte per portare avanti una simile strategia, con il Segretario di Stato Pietro Parolin che, da diplomatico esperto, è abituato a valutare il peso di ogni parola e a considerare tutte le implicazioni di ogni passo compiuto dalla Santa Sede sul piano internazionale.

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Papa Francesco e il cardinale Pietro Parolin (Imagoeconomica).

L’irritazione di Kyiv e della Chiesa greco-cattolica ucraina

D’altro canto, la strada sulla quale Papa Francesco ha portato la Chiesa è davvero stretta: se da una parte, infatti, la necessità di non rompere con Mosca induce spesso lo stesso Pontefice a utilizzare toni non eccessivamente polemici nei confronti del Cremlino, quest’approccio provoca non di rado la reazione irritata o diffidente da parte ucraina, sia sul fronte istituzionale del governo di Volodymyr Zelensky, sia, e qui la cosa per la Santa Sede ha una sua gravità specifica, sul versante della Chiesa greco-cattolica ucraina, cioè di quella componente della società del Paese aggredito da Mosca che si riconosce nella fede cattolica e ha storicamente un legame forte sia con Roma sia con la confinante Polonia e, in definitiva, con l’Occidente. Non a caso in questa occasione la reazione delle autorità di Kyiv è stata particolarmente dura nei confronti della Santa Sede; il portavoce del ministero degli Affari esteri dell’Ucraina, Oleg Nikolenko, ha infatti scritto, fra le altre cose, in un post pubblicato su Facebook: «È con la necessità di salvare ‘la grande madre Russia’ che il Cremlino giustifica l’assassinio di migliaia di uomini e donne ucraini e la distruzione di centinaia di città  e villaggi ucraini».

Quella diffidenza tutta latinoamericana del Pontefice verso gli Usa

C’è anche da parte di Francesco una diffidenza tutta latinoamericana verso le politiche promosse da Washington, un automatismo anti-Nato che scatta immediatamente in chi, per lunghi decenni, si è abituato a vedere gli Stati Uniti che trattavano l’America Latina come fosse, appunto, il cortile di casa. E certamente, nella prima fase della guerra, la Santa Sede ha faticato a comprendere che il Caucaso e le nazioni limitrofe a cominciare dall’Ucraina, erano considerate da Mosca il proprio cortile di casa; tuttavia quella fase sembra conclusa, anche per via delle informazioni dirette raccolte sul campo di battaglia dai diversi inviati del Pontefice con il corollario di distruzioni, violazioni dei diritti umani, deportazioni via via emerse in questi mesi. Resta da dire che il Papa mostra forse un approccio un po’ datato al tema della “tradizione russa”, molto letterario e, tutto sommato, poco concreto rispetto alla crisi in atto, o quanto meno tale da sembrare o stridente con i fatti odierni o fin troppo accondiscendente con la politica del Cremlino che, non a caso, è l’unico che ha espresso il proprio consenso alle parole del Papa sulla grande madre Russia e sugli zar.