Manovra, i soldi già stanziati ancora bloccati nei ministeri

I soldi che ci sono già e non vengono spesi, e soldi che non si riescono a reperire per l’immediato futuro. È quasi grottesca la situazione del governo che, al termine della pausa estiva, è alle prese con i conti della prossima manovra. Le disponibilità sono limitate e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha già invitato i suoi a fare un bagno di realismo. Eppure, guardando indietro, l’esecutivo ha lasciato inattuata buona parte dell’ultima Legge di Bilancio. I numeri ufficiali parlano di 56 decreti attuativi da emanare su un totale di 116, poco meno della metà, e quindi 1 miliardo e 800 milioni di euro stoccato nei cassetti ministeriali solo per l’anno in corso. Una somma che sale a 3 miliardi e 738 milioni di euro conteggiando gli stanziamenti complessivi per il triennio 2023-2025. Il tesoretto è così fermo a causa delle solite lentezze burocratiche sulla pubblicazione dei provvedimenti che rendono esecutive le norme.

Manovra, i soldi già stanziati ancora bloccati nei ministeri
La premier Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

Il Mit di Salvini deve ancora spendere 400 milioni già in cassa

Sotto i riflettori è finito soprattutto il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di Matteo Salvini. Impegnato a inaugurare cantieri in giro per l’Italia e a raccontarsi come l’uomo del fare, il vicepremier leghista deve ancora spendere oltre 400 milioni di euro già in cassa. Spiccano i 200 milioni di euro per il contributo alle imprese italiane di trasporto che impiegano veicoli poco inquinanti. Il termine ultimo fissato (il 30 marzo) per la pubblicazione del decreto attuativo è stato oltrepassato senza che siano state fornite le risposte attese dalle aziende. Sempre il Mit deve liberare 160 milioni di euro (100 milioni per l’anno in corso e altri 60 per il 2024) previsti per la pianificazione e il finanziamento delle infrastrutture di carattere prioritario. L’intento è quello di coprire gli investimenti per strade e ponti di minore visibilità mediatica, ma che pure hanno un impatto concreto sulla vita dei cittadini. La scadenza era il 30 giugno. Entro aprile, poi, il dicastero di Salvini avrebbe dovuto individuare le «tratte relative alla realizzazione del nuovo asse viario Sibari Catanzaro della SS 106 Jonica da finanziare» per un intervento che ha ricevuto uno stanziamento di 50 milioni per il 2023, a cui si sommano altri 150 milioni per il biennio 2024-2025. Stessa entità di risorse è stata inserita per «il potenziamento, riqualificazione e adeguamento della SS 4 Salaria». Ancora una volta Salvini non ha apposto la firma decisiva per il finanziamento.

Manovra, i soldi già stanziati ancora bloccati nei ministeri
Matteo Salvini (Imagoeconomica).

Intanto Fazzolari, sottosegretario per l’attuazione del programma, minimizza

Il problema dei decreti ministeriali non completati tira in ballo inevitabilmente un altro big dell’esecutivo: il titolare del dossier, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, messo da Meloni a capo del dipartimento per l’attuazione del programma, e perciò chiamato sovrintendere l’operato dei singoli ministeri. Il tentativo di Palazzo Chigi è quello di auto-assolversi elogiando l’attività finora svolta. «Lo sforzo del governo di limitare il rinvio a provvedimenti attuativi, al fine di rendere efficaci le proprie disposizioni legislative, è stato profuso anche nella legge di Bilancio che presenta un numero di provvedimenti attuativi più basso della media delle leggi di Bilancio degli ultimi 10 anni», si legge in un documento del dipartimento. Insomma, la linea è quella di minimizzare.

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Il sottosegretario per l’Attuazione del programma Giovambattista Fazzolari (Imagoeconomica).

Per il 2023 restano in ballo anche 1 miliardo per i lavoratori pubblici e 90 milioni per Polizia e Vigili del fuoco

Fatto sta che molte risorse attendono di essere destinate come previsto. E non solo al Mit di Salvini. La porzione principale riguarda il miliardo di euro messo a disposizione per la ripartizione «dell’emolumento accessorio una tantum per il solo anno 2023 in favore del personale statale». Un’integrazione salariale per i lavoratori pubblici che ancora deve concretizzarsi perché il provvedimento è in lavorazione al ministero dell’Economia guidato da Giancarlo Giorgetti. Certo, il decreto non ha una scadenza, ma la misura è circoscritta solo al 2023. Si attende una soluzione definitiva prima possibile. Tra il Mef di Giorgetti e il ministero della Pubblica amministrazione di Paolo Zangrillo sono incagliati altri 280 milioni di euro (90 subito e 190 spalmati sul biennio successivo) previsti per consentire «l’assunzione in deroga di personale delle Forze di polizia a ordinamento civile e militare e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco». Quei famosi rinforzi di agenti e pompieri tanto decantati dall’esecutivo di Meloni sono tuttora prigionieri del rimpallo di pareri tra i vari ministeri: nel caso specifico spetta pure alla Difesa, all’Interno e alla Giustizia inviare una propria memoria. Ma l’elenco non è certo finito. In stand-by figurano i 186 milioni di euro (62 milioni all’anno per l’intero triennio) del «fondo per ristorare i Comuni per le minori entrate derivanti dalle esenzioni Imu sugli immobili occupati». E ancora: il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso deve sbloccare il finanziamento per garantire le «politiche industriali di sostegno alle filiere produttive» (la dotazione complessiva è di 100 milioni di euro), mentre il numero uno del Viminale, Matteo Piantedosi, tiene fermi 45 milioni di euro (suddivisi su tre anni) utili a coprire le spese affrontate dai Comuni per le installazioni dei sistemi di videosorveglianza. Una beffa ulteriore, trattandosi del tema sicurezza, tema centrale di ogni campagna elettorale del centrodestra.

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