Harald Espenhahn, condannato per omicidio colposo per l’incendio alla Thyssen di Torino del 2007 che costò la vita a sette operai, ha varcato le porte del carcere a quasi 16 anni di distanza dai fatti. La sentenza di condanna venne pronunciata in via definitiva nel 2016, ma non venne mai eseguita a causa dei continui ricorsi che l’imputato ha fatto alla giustizia tedesca per evitare il carcere. Secondo notizie provenienti dalla Germania, l’allora amministratore delegato dell’azienda ha iniziato a scontare la sua pena detentiva il 10 agosto 2023.
La sentenza di condanna nel 2016 e i ricorsi dell’imputato
La vicenda giudiziaria legata alla strage dello stabilimento torinese è stata particolarmente travagliata. Inizialmente accusati di omicidio volontario con dolo eventuale, in virtù del fatto che avevano consapevolmente trascurato gli aspetti legati alla sicurezza dell’impianto, i vertici dell’azienda vennero successivamente condannati per omicidio colposo con colpa cosciente. Per l’ad Harald Espenhahn vennero disposti nove anni e otto mesi di carcere, mentre per altri dirigenti e manager pene più ridotte. In particolare, sette anni e sei mesi a Daniele Moroni, sette anni e due mesi a Raffaele Salerno, sei anni e otto mesi a Cosimo Cafueri, sei anni e tre mesi a Marco Pucci e Gerald Priegnitz. Mentre gli italiani iniziarono a scontare la detenzione in Italia, per i due manager tedeschi le cose si complicarono. In primis perché in Germania la pena per l’omicidio colposo non può superare i cinque anni di detenzione, in secondo luogo per i numerosi ricorsi presentati alla giustizia tedesca dai due condannati. Espenhahn si era anche rivolto alla Corte costituzionale del suo Paese, il cui pronunciamento è arrivato con mesi e mesi di ritardo. A luglio 2023, i giudici hanno rigettato la sua richiesta e il manager è quindi andato in carcere. Come disposto dal codice tedesco, dovrà scontare solo cinque anni.
Il sopravvissuto Antonio Boccuzzi: «Un passo è stato compiuto»
«Dopo 5.726 giorni, il signor Harald Espenhahn, dopo tanto correre e scappare dalla giustizia, ha varcato la soglia del carcere. Non è un risarcimento, non è vendetta. È solamente l’unico epilogo che si sarebbe già dovuto compiere da tempo e che è stato solo rimandato». Queste le parole di Antonio Boccuzzi, l’operaio della Thyssenkrupp di Torino scampato all’incendio poi diventato parlamentare del Partito democratico. «Quei cinque anni saranno ulteriormente ridimensionati. Lo sappiamo e non ci facciamo strane o vane illusioni, ma un passo è stato compiuto e questo non ce lo porta via nessuno», ha aggiunto.