Il Giappone scaricherà oltre un milione di metri cubi di acqua radioattiva trattata, utilizzata per raffreddare i reattori nucleari della centrale di Fukushima, nell’Oceano Pacifico. Il procedimento è già in corso e dopo il via libera dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, si partirà già durante l’estate del 2023. Tokyo ha accolto a inizio luglio il direttore dell’ente, Rafael Grossi, nella capitale per un faccia a faccia con il premier nipponico Fumio Kishida. Con sé ha portato il report sulla fattibilità dell’operazione, con la valutazione positiva di Aiea. L’acqua utilizzata nella centrale, colpita dallo tsunami del 2011, finirà nell’oceano causando effetti «trascurabili» su ambiente e persone, secondo l’agenzia dell’Onu.
Dalla Cina: «L’oceano non è la fogna del Giappone»
Nonostante i pareri positivi di Aiea, la Cina protesta. Il governo di Pechino ha espresso tutte le proprie perplessità con il proprio ambasciatore in Giappone, Wu Jianghao: «L’acqua di Fukushima non è paragonabile alla normale acqua di raffreddamento». A fagli eco, anche i portavoce del ministero degli Esteri cinese: «Se la parte giapponese è decisa ad andare per la sua strada, deve sopportare tutte le conseguenze. L’oceano non è la fogna privata del Giappone». A giugno, anche a Seul si sono registrate proteste di fronte all’ambasciata giapponese. Il governo della Corea del Sud continua a vietare l’importazione di prodotti ittici che provengono dall’area della centrale nucleare. E protestano anche i pescatori giapponesi, che temono un contraccolpo sulla propria reputazione e su quella dei prodotti pescati.
Kishida: «Non rilasceremo qualcosa che danneggi le persone»
Intanto da Tokyo arrivano rassicurazioni. Il premier Kishida, mentre si attende l’approvazione finale della Tepco, la proprietaria della centrale, ha dichiarato: «Non permetterò un rilascio che possa danneggiare le persone o l’ambiente in Giappone o nel mondo. Continuerò a dare spiegazioni accurate in patria e all’estero, su basi scientifiche e con un alto grado di trasparenza». Ai dubbi di Pechino, invece, il governo ha replicato con un report in cui si sottolinea che «le centrali nucleari cinesi hanno rilasciato nell’oceano acqua contenente trizio a livelli fino a 6,5 volte superiori alla quantità annuale prevista per il rilascio dalla centrale nucleare Fukushima». L’acqua utilizzata per i reattori è stata filtrata con sistemi tecnologici ed elaborati, ma resta un problema: il trizio. Si tratta dell’isotopo radioattivo dell’idrogeno, per il quale non esiste alcun tipo di trattamento.