A causa delle accuse di molestie, il nome del grande tenore era sparito dai cartelloni dei teatri Usa e giapponesi. L'Europa restava la sua fortezza. Ma dopo le ammissioni di responsabilità e il repentino dietrofront, anche la natia Spagna gli ha voltato le spalle. E mentre in Austria e Germania le date sono confermate, In Italia per ora domina il silenzio.
La trionfale serata in onore di Plácido Domingo per il cinquantenario del suo debutto alla Scala – a metà dello scorso dicembre – non era solo il tributo di uno dei più importanti teatri d’opera del mondo alla sua carriera, oggettivamente impareggiabile.
Era anche la sottolineatura, implicita ma non per questo meno evidente, della divisione fra Europa e America sulla bufera #MeToo che quattro mesi prima aveva investito il cantante e direttore d’orchestra spagnolo.
Dopo le testimonianze di otto cantanti e una danzatrice sui comportamenti definiti «sessualmente inappropriati» di Domingo, raccolte dall’agenzia Associated Press, le reazioni negli Stati Uniti sono state rapidissime e drastiche: da New York a Los Angeles, da Washington a San Francisco una valanga di disdette, di cancellazioni o di prudenti rinunce da parte dello stesso artista gli avevano fatto terra bruciata intorno.

Di fatto, Domingo – che ne era stato un vero e proprio dominus per decenni, non solo come interprete ma anche, nella capitale federale e nella metropoli californiana, come direttore artistico – era letteralmente sparito da un momento all’altro dalle locandine dei teatri e delle istituzioni concertistiche americane.
IL MONDO DELL’OPERA TRA GIUSTIZIALISTI E GARANTISTI
Nulla invece si era mosso, sotto questo profilo, nella vecchia Europa: nessuna cancellazione, nessuna disdetta e anzi molti onori e tanta e autorevole solidarietà nei confronti del cantante, con interventi a favore da parte di stelle come Andrea Bocelli o Anna Netrebko. Il conflitto fra giustizialismo e garantismo – peraltro senza che ci fosse di mezzo alcun tribunale – si trasferiva nel mondo dell’opera. Ne scaturiva un confronto senza possibilità di mediazione fra colpevolisti e innocentisti, nel quale si contrapponevano condanne preventive e assoluzioni ugualmente preventive.
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E quanto a lui, sia pure con espressioni meditate e con il cordiale tratto umano che tutti gli riconoscono, aveva negato recisamente, respinto ogni contestazione o insinuazione: «I molti che mi conoscono», era la sua posizione, «sanno che non mi sono mai comportato in modo molesto, aggressivo e volgare come mi accusano».

L’AMMISSIONE DI RESPONSABILITÀ
Due mesi dopo, il caso sta vivendo violente accelerate e brusche frenate in uno sconcertante intreccio di dichiarazioni radicalmente contrastanti. Il primo passaggio risale a martedì scorso, e nel frastuono delle cronache del coronavirus la notizia in Italia è rimasta sottotraccia. Immediatamente dopo la rivelazione da parte dell’AP delle conclusioni (ancora riservate) dell’inchiesta condotta sulle accuse a Domingo dal sindacato American Guild of Musical Artists, il cantante ha reso pubblica una inattesa quanto clamorosa ammissione di responsabilità. Nell’inchiesta sono state ascoltate 55 persone, 27 delle quali avrebbero confermato i comportamenti «sessualmente inappropriati» di Domingo e il suo «abuso di potere».

La superstar della lirica ha commentato in maniera inequivocabile: «Sono veramente dispiaciuto per il dolore che ho causato. Accetto la piena responsabilità delle mie azioni». Poi i buoni propositi per il futuro: «Sono impegnato a realizzare un cambiamento positivo nel mondo dell’opera in modo che nessuno debba avere più simili esperienze». «È mio fervido desiderio», ha aggiunto, «che il mondo dell’opera diventi un luogo di lavoro più sicuro e spero che il mio esempio spingerà altri a seguire i miei passi».
E LA RETROMARCIA 48 ORE DOPO
Quarantott’ore più tardi, la retromarcia. In una nuova dichiarazione diffusa «per correggere l’erronea impressione» suscitata dalla prima, Domingo si è auto-smentito tornando sulle sue posizioni iniziali: «Non mi sono mai comportato aggressivamente nei confronti di nessuno e non ho mai fatto nulla per bloccare o danneggiare la carriera di qualcuno».
ANCHE LA NATIA SPAGNA GLI VOLTA LE SPALLE
Dopo aver visto cancellati dalla sua geografia artistica gli Usa e dopo aver rinunciato anche al Giappone (dove doveva esibirsi nell’ambito delle manifestazioni per le Olimpiadi) a Domingo resta l’Europa. Le sue ammissioni di inizio settimana hanno però suscitato reazioni molto negative proprio nella natia Spagna. Il Teatro della Zarzuela di Madrid, gestito da un istituto culturale che dipende dal ministero della Cultura spagnolo, ha immediatamente cancellato l’ingaggio di Domingo per due rappresentazioni il 14 e 15 maggio. Motivazione dichiarata: «La solidarietà con le donne coinvolte».
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Il madrileno Teatro Real, dove il cantante era atteso pure a maggio per interpretare la parte di Giorgio Germont nella Traviata, stava preparandosi a esaminare a sua volta il caso, ma Domingo, pur avendo chiarito di non considerarsi responsabile di alcunché, ha già fatto sapere di aver rinunciato a esibirsi. Lo farà anche altrove, ha dichiarato, se gli sarà chiesto dai teatri, per evitare problemi. Della serie: se mi volete vengo, se no, non importa.
CONFERMATE LE DATE NEL RESTO D’EUROPA
Il resto d’Europa non ha finora avuto le reazioni registrate in Spagna. Il New York Times si è preso la briga di fare qualche verifica sui prossimi appuntamenti con Domingo nei grandi teatri e ha constatato che per il momento solo al Festival di Salisburgo (il cantante è ingaggiato per I Vespri siciliani ad agosto) ci si sta ponendo qualche interrogativo, anche se decisioni ancora non ne sono state prese. Invece, poche o nessuna incertezza sulla sua presenza ad Amburgo per il Simon Boccanegra (fra marzo e aprile); a Londra per Don Carlo al Covent Garden (fra giugno e luglio); al Bolshoi di Mosca per La Traviata in aprile.

Quanto all’Italia, di cui il Nyt non si occupa, il calendario di Domingo è piuttosto fitto. Spicca la sua presenza a Verona: una serata di gala tutta sua e una come direttore di una replica di Aida fra giugno e luglio in Arena, della quale il cantante continua a essere uno degli artisti-immagine. Nello scorso settembre il sovrintendente Cecilia Gasdia aveva liquidato come «chiacchiere» le accuse di molestie. Resta da capire se è ancora di questa idea. Il caso riguarda anche i sovrintendenti del Maggio Musicale Fiorentino e della Scala e il direttore del Festival Donizetti di Bergamo, che fra primavera e autunno (fonte: Operabase.com) hanno Placido Domingo in cartellone. Per ora, dappertutto domina il silenzio.
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