Approvate le modifiche al contratto per la multinazionale in cambio di una rinuncia alla causa. I sindacati bocciano l'intesa: «Qual è la strategia su occupazione e investimenti?». Rischio stallo fino alla fine del 2020.
L’accordo è tratto. Per non finire in tribunale lo Stato italiano dopo aver tolto lo scudo penale ai dirigenti di Arcelor Mittal ha accordato la modifica al contratto per l’ex Ilva lasciando la possibilità alla multinazionale di andarsene. Ma la nuova intesa secondo i sindacati è un trionfo dell’incertezza.
MODIFICHE AL CONTRATTO IN CAMBIO DELLA RINUNCIA ALLA CAUSA
Nello studio notarile di Pier Gaetano Marchetti a Milano è stato firmato l’accordo tra ArcelorMittal e i commissari dell’ex Ilva, che prevede la modifica del contratto di affitto e acquisizione per rinnovare il polo siderurgico con base a Taranto e la cancellazione della causa civile avviata a Milano. Anzi, gli accordi. Uno infatti prevede la modifica al contratto, l’altro che riguarda le rinunce agli atti della causa civile in corso a Milano. A questo punto, la causa, per cui un’udienza era prevista questo venerdì 6 marzo, sarà dunque cancellata. A firmare le intese sono stati per ArcelorMittal l’ad Lucia Morselli, assieme ai commissari dell’ex Ilva e ai legali delle parti.
I SINDACATI DENUNCIANO LA TOTALE INDETERMINAZIONE
L’atto di citazione con cui la multinazionale voleva dare l’addio all’Ilva risale allo scorso 4 novembre. Ora con gli accordi la controversia giudiziaria si chiude e dovrebbe in teoria iniziare il rilancio del polo siderurgico con un nuovo piano industriale. Nella pratica i sindacati hanno subito bocciato l’intesa. L’accordo firmato sull’ex Ilva, sostengono Cgil, Cisl, Uil, Fiom, Fim e Uilm, «nello specifico ci sembra di totale indeterminazione: il periodo di tempo senza una governance chiara, il ruolo delle banche e dell’investitore pubblico, il mix produttivo tra ciclo integrale e forni elettrici, il ruolo conseguente delle due società, la possibilità con questo piano di occupare i 10.700 lavoratori più i 1.800 in amministrazione straordinaria e i lavoratori delle aziende di appalto, che l’accordo del 6 settembre 2018 assicurava».

QUALE È LA STRATEGIA DEL GOVERNO?
Il negoziato avvenuto da novembre 2019 non ha visto alcun coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, hanno sottolineato i sindacati in maniera unitaria. E l’accordo è peggiorativo su tutti i fronti, per i lavoratori, gli investimenti le prospettive di rilancio. «Alla luce dei contenuti appresi – proseguono infatti i sindacati, «riteniamo assolutamente non chiara la strategia del governo in merito al risanamento ambientale, alle prospettive industriali e occupazionali del gruppo. A questa incertezza si somma una totale incognita sulla volontà dei soggetti investitori, a partire da Arcelor Mittal, riguardo il loro impegno finanziario nella nuova compagine societaria che costituirà la nuova AMinvestco».
FASE DI STALLO FINO ALLA FINE DEL 2020
Secondo le organizzazioni dei lavoratori questo pre-accordo prevede «una fase di stallo da qui alla fine del 2020 per quanto riguarda le prospettive e l’esecuzione del piano industriale. Tutto questo arriva dopo due anni di ulteriore incertezza, particolarmente rischiosa per una realtà industriale che necessita invece di una gestione attenta e determinata». L’assetto complessivo del piano rischia, inoltre, di essere «insostenibile» a causa della «scarsa verticalizzazione produttiva (tubi, laminati, lamiere, treni nastri)» e di investimenti molto inferiori. Anche le note positive, come la ripartenza dell’Afo5 vengono messe in discussione per tempistiche «troppo dilatate nel tempo». I lavoratori sono arrivati a scrivere nero su bianco come la vecchia intesa fosse invece «la migliore garanzia di tutta l’occupazione, del risanamento ambientale e del rilancio produttivo». Gli ex commissari si sono limitati a un commento laconico: Abbiamo fatto», ha dichiarato Alessandro Danovi, «tutto quello che dovevamo, non è il momento di fare commenti. Molto lavoro è stato fatto e ce ne è molto da fare dopo».
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