Dal Pino eletto presidente "in contumacia". Guerra politica in Lega tra club della massima categoria. E MediaPro pronta ad aprire una causa milionaria sui diritti tivù. La salute dello sport nazionale è sempre più precaria.
Caduti dal pero? No, Dal Pino. E ci si scusi il gioco di parole, ma purtroppo è difficile prendere sul serio qualsiasi cosa riguardi la Lega di Serie A, quello strano consesso che ormai pare la stanza di una terapia di gruppo. Venti presidenti o massimi dirigenti che litigano su tutto e se capita vengono pure alle mani (ma sul serio), e che tuttavia continuano a fregiarsi del titolo di «classe-dirigente-del-primo-sport-italiano-che-è-anche-fra-le-prime-dieci-industrie-del-Paese».
Nella giornata di mercoledì 8 gennaio questi signori sono riusciti a darsi un presidente. Che di per sé non è nemmeno impresa difficile, visto quanti se ne sono succeduti nell’ultimo quinquennio. Semmai, il problema è il chi e il come. E qui si giunge a Paolo Dal Pino, 58 anni, stimato manager nel settore delle telecomunicazioni che viene chiamato a mettere ordine nel gorillaio. Ma appunto, c’è la questione del chi e del come. E riguardo al “chi”, risulta che Dal Pino si presenti sulla scena calcio più o meno come la signora Marianna Madia si presentò sulla scena della politica nazionale: portando in dote la propria straordinaria inesperienza.
Quanto al “come”, è partita immediata la lamentazione sul fatto che il candidato potesse almeno presentarsi all’assemblea elettiva e illustrare anche soltanto un foglio a quadretti di programma. Niente di tutto ciò. Contava riempire la poltrona vacante. E dare l’impressione che quella cosa lì, periodicamente riunita in via Rosellini a Milano, sia davvero «la Confindustria del calcio italiano» e non la lega sportiva più scassata del mondo.
DAL PINO, UN PRESIDENTE ELETTO IN CONTUMACIA
Raccontano che il nuovo presidente sia stato informato dell’elezione non appena sceso dall’aereo che lo riportava in Italia dal Brasile. La battuta sarebbe facile, ma la verità è che non ha avuto l’impeto di reimboccare il finger dell’aereo e tornare in Sud America. Non era nemmeno chiaro se avesse espresso un chiaro consenso alla propria elezione. Una frase del commissario ad acta Giancarlo Abete («Non ho parlato con lui ma credo che acconsentirà») lascia intravedere scenari grotteschi, ma non temete. Basta guardare alla storia recente e recentissima della Lega per comprendere che sia tutto quanto perfettamente nella norma. Dunque ci sta benissimo che venga eletto un presidente in contumacia. O persino a sua insaputa.
Del Pino è stato eletto con soli 12 voti su 20. Chi non ha votato il nuovo presidente ha trascorso le ore successive a mugugnare
Del resto, può anche capitare d’essere proprietari di un appartamento in vista Colosseo senza esserne stati avvertiti, dunque figurarsi se non ci si possa trovare catapultati a capo della Lega di Serie A rientrando dalla partita di padel in pausa pranzo. Ma adesso bisognerà capire cosa farà, e come, il nuovo presidente. Che intanto è stato eletto con soli 12 voti su 20. Per di più al termine di una votazione cui ha partecipato pure il presidente sampdoriano Massimo Ferrero, che sta scontando un’inibizione da quattro mesi e dunque non avrebbe potuto esercitare il diritto. Chi non ha votato il nuovo presidente ha trascorso le ore successive a mugugnare, ma anche questo passerà.
DE SIERVO ANCORA AL SUO POSTO
Tutto passa in Lega, anche se non tutto se ne va. Per esempio, è ancora lì bello imbullonato l’ad Luigi De Siervo. Quello dell’audio carpito a proposito di cori e striscioni razzisti da non esibire in tivù (ma in quel caso ha detto di essere stato frainteso e ha minacciato querela), e della famosa campagna delle tre scimmie che pretendeva d’essere anti-razzista (e stavolta il fraintendimento era lui in persona, ma s’è ben guardato dal querelare sé medesimo). Di levarsi, manco a parlarne. E si trova ancora lì il presidente o ad di club (ma sarà uno solo?) che ha il vizietto di registrare le sedute e poi passare l’audio ai giornalisti. Quello che ha messo in imbarazzo De Siervo, ma anche l’altro che ha portato alle dimissioni dell’ex presidente Gaetano Micciché.

E poi c’è Giovanni Malagò, che purtroppo a dispetto del cognome non è un passato remoto e continua a aleggiare sul calcio italiano come il fantasma di un vecchio film interpretato da Johnny Dorelli. Fu il presidente del Coni, da commissario, a mettere il sigillo sul pateracchio elettorale che portò alla presidenza Micciché ma conteneva in sé il bug della sua destituzione. Dicono che, nelle ore in cui si eleggeva Dal Pino, Malagò spingesse per un Micciché 2 (la vendetta?). Nonostante che lo stesso ex presidente avesse detto a più riprese di non essere assolutamente disposto a rimettere piede in Lega. E pensate quale ballottaggio da brivido: un candidato contumace e inconsapevole e l’altro che piuttosto avrebbe preferito passare un anno di rieducazione nelle risaie. Poltrone ambite ne abbiamo?
MEDIAPRO E IL PERICOLO DI UNA CAUSA MILIONARIA SUI DIRITTI DEL CALCIO
La sola cosa certa è che il nuovo presidente debba affrontare il complicato dossier della vendita dei diritti televisivi 2021-24. Una Novella dello Stento che rende molto nervosi i presidenti della cosiddetta Confindustria del Calcio. Senza quei denari, più o meno tutti quanti potranno dedicare i weekend alla pesca da scoglio. Il problema è che, col passare delle settimane e dei mesi, la situazione si complica anziché risolversi. E la prospettiva che gli spagnoli di Mediapro siano davvero il soggetto che risolve la partita si fa problematica. La notizia dei giorni scorsi è che adesso la società del tycoon catalano Jaume Roures sia pronta a far causa alla Lega di Serie A, chiedendo un risarcimento da 200 milioni di euro. Impressioni? In via Rosellini non fanno una piega. Si continuerà a trattare e quella causa minacciata farà parte del negoziato. Si parla d’alta finanza e si mercanteggia da tappetari. Senza mai dimenticare che è la pirateria a uccidere il calcio.
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