L'impianto si troverebbe in Asia. L'obiettivo è produrre oltre 1 milione di pezzi al mese, da donare agli operatori sanitari.
Fca ha deciso di riconvertire uno stabilimento del gruppo per produrre mascherine contro il coronavirus. L’amministratore delegato Mike Manley ha scritto una lettera ai dipendenti, resa pubblica dal sindacato Uilm. L’obiettivo è di «iniziare la produzione nelle prossime settimane» e arrivare a produrre «oltre un milione di pezzi al mese». Le mascherine saranno «donate ai soccorritori e agli operatori sanitari». Fca non ha al momento precisato di quale stabilimento del gruppo si tratti, ma secondo indiscrezioni l’impianto prescelto si troverebbe in Asia.
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A gennaio le immatricolazioni sono calate del 5,9% rispetto allo stesso periodo del 2019. In controtendenza il gruppo guidato da Manley, che segna un +0,17%.
Non è iniziato bene il 2020 per il mercato dell’auto in Italia. A gennaio, infatti, secondo i dati del ministero dei Trasporti, le immatricolazioni sono state 155.528 con un calo del 5,9% rispetto allo stesso periodo del 2019. In controtendenzaFca, che a gennaio ha immatricolato nel nostro Paese 39.878 auto, lo 0,17% in più rispetto all’anno precedente. La sua quota sale così dal 24% al 25,64%.
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Le due aziende sono in procinto di firmare un accordo preliminare: all'orizzonte potrebbe esserci una joint venture paritetica.
Fca conferma “di avere in corso discussioni con Hon Hai Precision per la costituzione di una joint venture paritetica per lo sviluppo e produzione in Cina di veicoli elettrici di nuova generazione e l’ingresso nel business IoV (Internet of Vehicles). Le parti – precisa una nota di Fca – sono in procinto di firmare un accordo preliminare che disciplinerà le ulteriori discussioni intese al raggiungimento di un accordo vincolante e definitivo nei prossimi mesi. Non vi è tuttavia garanzia del fatto che tale accordo sarà raggiunto o lo sarà entro tale termine.
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Il gruppo italo americano ha il 6% del mercato del Vecchio continente. Male i dati globali del nuovo partner Psa.
Il mercato europeo dell’auto chiude il 2019 con un segno positivo: le immatricolazioni nell’area Ue più Efta sono state 15.805.752, con una crescita dell’1,2% rispetto al 2018. Forte crescita a dicembre: sono state vendute 1.261.742 auto, il 21,4% in più dello stesso mese dell’anno precedente. I dati sono dell’Acea, l’associazione dei costruttori europei dell’auto. Il gruppo Fca ha venduto nel 2019 946.571 auto nell’area Ue più Efta, il 7,3% in meno del 2018. La quota è pari al 6% a fronte del 6,5% dell’anno precedente. Nel mese di dicembre le immatricolazioni del gruppo sono state 69.431, in crescita del 13,8%, con la quota che scende dal 5,9 al 5,5%.
GIÙ DEL 10% LE VENDITE GLOBALI DI PSA
Le vendite globali del gruppo automobilistico francese Psa, in fase di fusione con Fiat Chrysler, sono diminuite del 10% nel 2019 a 3,49 milioni di veicoli. Il calo è stato generalizzato nei quattro mercati principali del produttore, inclusa l’Europa (-2,5%) dove si concentra l’87% delle vendite. Ma Psa continua ad avere grosse difficoltà soprattutto in Cina: nel più grande mercato automobilistico del mondo le vendite del gruppo sono crollate lo scorso anno del 55,4%. Il gruppo ha peraltro sofferto della chiusura del mercato iraniano, sotto pressione per le sanzioni americane. Escludendo l’impatto eccezionale dell’Iran, il calo delle vendite si riduce infatti al 6,6%.
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Dopo la fusione tra Fca e Psa, l'uomo scelto da Elkann come successore di Marchionne è di fatto un personaggio in cerca d'autore.
Sul Daily Telegraph del primo gennaio Alan Tovey rilancia la voce, già infruttuosamente circolata in passato, che darebbe Mike Manley in partenza per Jaguar Land Rover. L’attuale amministratore delegato di Fca, sorprendentemente scelto da John Elkann per succedere a Sergio Marchionne, nonostante le enfatiche e reiterate dichiarazioni di lunga amicizia con Carlos Tavares, capo del costituendo quarto costruttore mondiale di veicoli grazie all’acquisto di Fca da parte di Psa, ora di fatto è un personaggio in cerca d’autore.
SE RESTA IN FCA È DESTINATO ALLA RETROCESSIONE
Comunque sia, se Manley non abbandonerà la nave (come ha fatto il capo della comunicazione mondiale di Fiat Chrysler Automobiles, Niel Golightly, che dal 31 dicembre è passato alla disastrata Boeing), sarà di fatto retrocesso, indipendentemente dal titolo magari roboante che gli verrà assegnato. A comandare nel nuovo gruppo, su questo non ci sono dubbi, sarà il manager portoghese.
RISULTATI SCONFORTANTI IN CINA, INDIA E AUSTRALIA
D’altro canto, Manley è sì vero che è stato dal 2009 responsabile del marchio Jeep, l’unico sul quale Marchionne abbia investito qualcosa di significativo, ma è stato anche a capo dell’area Asia-Pacifico. E i risultati sono stati a dir poco sconfortanti: non solo la presenza di Jeep è insignificante in mercati quali Cina, India e Australia, ma soprattutto il mercato non le riconosce lo status di marchio premium. A Jaguar Land Rover, posseduta dall’82enne Ratan Naval Tata, potrebbe prendere il posto dell’attuale ad, il 64enne Sir Ralf Speth. Da tempo si mormora che, lanciato il nuovo Defender, Sir Ralph potrebbe lasciare. Per Manley, inglese e nato nel Kent, potrebbe essere un ritorno all’ovile. Sempre che l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea non spinga l’indiano Tata ad abbandonare gli stabilimenti inglesi e trasferire la produzione altrove. Il che sarebbe un test davvero molto impegnativo per Manley.
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L'amministratore delegato di Psa ha scelto per il suo primo colloquio con un giornalista italiano Luca Ciferri. Firma indigesta a Fca e corrispondente del settimanale Automotive News. Che a inizio dicembre aveva premiato Manley dando uno schiaffo alla buon'anima di Marchionne.
Luca Ciferri è stato il primo giornalista italiano a pubblicare una lunga intervista con Carlos Tavares, l’amministratore delegato di Psa (Peugeot Citroen), da quando è in atto una trattativa che dovrebbe concludersi con l’acquisto da parte dei francesi del costruttore anglo-olandese Fca. D’accordo, Ciferri è da anni Associate Publisher & Editor del mensile di lingua inglese Automotive News Europe che dirige dalla periferia di Torino, e da decenni è il corrispondente del settimanale Automotive News, autorevole e temuta bibbia dell’industria dell’auto con sede a Detroit. Ma la scelta di Tavares ha lasciato di stucco molti addetti ai lavori perché Ciferri è notoriamente in cima alla lista nera di Mirafiori-Lingotto. Vero che non è il solo giornalista non invitato a conferenze stampa della casa anglo-olandese, comprese quelle finanziarie, nonostante le azioni di Fca siano quotate presso le borse di New York e Milano e, quindi, tutto ciò che è price sensitive va divulgato urbi et orbi e allo stesso tempo. Anche giornalisti di importanti testate finanziarie americane affermano che è stato riservato loro lo stesso trattamento.
NESSUN VOLTO DI FCA NELLO SPECIALE TALK FROM THE TOP
Plausibile ipotizzare che Torino non abbia per niente apprezzato la decisione del dirigente portoghese che, salvo imprevisti, sta per diventare il capo del quarto gruppo auto del mondo. Per esempio, la dice lunga l’assenza di un rappresentante di Fca nello speciale titolato Talk from the Top, allegato al numero di dicembre di Automotive News Europe, che raccoglie interviste con ben 20 ceo o capi brand (tra questi, Tavares, Luca de Meo, Seat, Stefano Domenicali, Lamborghini). Il love affair di Tavares con le testate dell’importante gruppo editoriale ha attraversato l’Atlantico. Lunedì 2 dicembre, a Detroit, sono state premiate le All Stars (a Roma direbbero i meio) dell’industria dell’automobile nel 2019. È l’evento più significativo di Automotive News. Il premio più prestigioso e ambito (Industry leader of the year) è stato consegnato a Tavares al suo debutto nella capitale americana dell’auto nella veste di quasi ad di Psa con in pancia Fca.
QUEL PREMIO A MANLEY CHE SA DI SCHIAFFO A MARCHIONNE
L’effetto Tavares ha consentito agli editori di Automotive News di premiare anche rappresentanti di Fca dopo alcuni anni di incomunicabilità anche nel Michigan. E così l’ad Mike Manley si è visto premiato per Talent acquisition, cioè per l’aver cercato e trovato specialisti e dirigenti fuori dall’azienda. La motivazione elenca quattro acquisti fatti sul mercato: Mark Stewart, capo del Nordamerica di provenienza Amazon; Christian Meunier, che dirige Jeep avendo alle spalle esperienze presso Ford, Land Rover e Infiniti; Davide Grasso, messo a capo di Maserati venendo da Nike; il responsabile della comunicazione Niel Golightly già in Shell. Difficile non leggere nella scelta di Automotive News un sonoro ceffone alla buon’anima di Sergio Marchionne. Il defunto ceo italo-canadese ci teneva a ribadire quanto tempo dedicava (oltre due mesi all’anno) allo sviluppo delle carriere dei manager Fca. Sembra chiaro che Manley non abbia trovato in casa le professionalità di cui Fca aveva necessità. E così, sotto gli occhi di Tavares, Manley ha ritirato un riconoscimento che odora di perfidia nei riguardi di Marchionne del quale è stato stretto collaboratore.
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Per l'Agenzia delle Entrate il gruppo avrebbe sottostimato il valore dell'acquisizione di Chrysler nel 2014.
L’Agenzia delle Entrate ha contestato a Fca di aver sottostimato per 5,1 miliardi di euro l’acquisizione di Chrysler, durata cinque anni e portata a compimento nel 2014.
Il gruppo, che al termine dell’operazione ha spostato la sede legale in Olanda quella fiscale nel Regno Unito, rischia quindi di dover pagare gli arretrati al Fisco italiano per circa 1,3 miliardi di euro, anche se un eventuale accordo per chiudere il contenzioso in tempi rapidi potrebbe ridurre la cifra in maniera significativa.
La casa automobilistica ha reagito attraverso un suo portavoce: «Non condividiamo affatto le considerazioni contenute nella relazione preliminare del Fisco e abbiamo fiducia nel fatto che otterremo una sostanziale riduzione dei relativi importi. Va inoltre rilevato che qualsivoglia plusvalenza tassabile che fosse accertata sarebbe compensata da perdite pregresse, senza alcun significativo esborso di liquidità o conseguenza sui risultati».
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Lo prevede l'accordo preliminare sul contratto trovato col sindacato dei metalmeccanici negli States. Nel piano anche 7.900 posti di lavoro.
Nuova crescita per Fiat Chrysler Fca negli Stati Uniti. Fca e il United Auto Workers, il potente sindacato dei metalmeccanici americani, hanno raggiunto un accordo preliminare per il rinnovo del contratto di lavoro. L’intesa, riporta la stampa americana, prevede 4,5 miliardi di dollari di nuovi investimenti e 7.900 posti di lavoro.
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Si tratta di incentivi per lo sviluppo e la produzione di veicoli a motore ibrido ed elettrico negli stabilimenti di Melfi, Orbassano e Mirafiori. Lavoratori reintegrati e 100 assunzioni in Basilicata.
Il ministero dello Sviluppo economico stanzia 27 milioni di euro per lo sviluppo e la produzione di veicoli a motore ibrido ed elettrico negli stabilimenti di Melfi, Orbassano e Mirafiori. Lo prevede il decreto che autorizza l’accordo di Sviluppo tra Mise, Regioni Basilicata e Piemonte, Invitalia e Fca, firmato dal ministro Stefano Patuanelli. Gli investimenti ammontano a 136,6 milioni entro il 2022. L’accordo permetterà il graduale reintegro dei lavoratori in esubero (3.458) e 100 assunzioni a Melfi.
AGEVOLAZIONI LEGATE AL PIANO IMPRESA 4.0
I 27 milioni di euro messi a disposizione dal Mise sono agevolazioni per l’acquisto di macchinari e impianti coerenti al Piano Impresa 4.0. Fca e Centro Ricerche Fiat investiranno 98,7 milioni per l’ampliamento della capacità produttiva dello stabilimento di Melfi,attraverso la messa in produzione della Jeep Compass nella versione ibrida. La produzione di questo modello consentirà di incrementare i modelli elettrici prodotti a Melfi in un’ottica di efficientamento produttivo e di economie di scala. Altri 37,9 milioni di euro di investimenti riguarderanno il progetto di ricerca e sviluppo denominato «Ricarica – Soluzioni sostenibili ad elevata modularità e Configurabilità per veicoli mass mARket a propulsione puro elettrica», che si pone come obiettivo lo sviluppo di motori per veicoli a propulsione elettrica pura, consentendo di coniugare l’attenzione agli obiettivi di impatto ambientale (riduzione delle emissioni CO2 e consumi energetici) con la necessità di offrire al mercato prodotti a prezzi accessibili con prestazioni ottimizzate, in termini di affidabilità e sicurezza. Il progetto verrà realizzato negli stabilimenti di Fca e Crf di Melfi, Orbassano e Torino (Mirafiori Technical Center).
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La causa di General Motors contro Fca, le critiche di Automotive news, le freciate di ex collaboratori e manager del settore. Sull'ex ad italo-canadese è cominciato un revisionismo di cui beneficerà il Ceo Psa Tavares. E a pagare saranno gi stabilimenti Fiat nel nostro Paese.
A Detroit, da tempo, se l’aspettavano. La vendetta di Mary Barra nei confronti (dell’immagine, reputazione e celebrità) di Sergio Marchionne. Lo hanno confermato diversi giornalisti dell’auto americani questa settimana al Los Angeles Convention Center che ospita un deludente salone dell’auto.
Gli stessi che confessano di avere più volte sentito uscire dalla bocca del defunto amministratore delegato di Fiat Chrysler commenti pesanti sulla ceo di General Motors. Ovviamente, con successiva preghiera di non pubblicare quelle esternazioni.
Va da sé che quelle affermazioni giungevano rapidamente alle orecchie del potente capo della comunicazione di Gm, Tony Cervone, e, quindi, di Mary Barra. La quale, dal canto suo, sta attraversando un momento decisamente non facile.
ACCUSE FEROCI DI GENERAL MOTORS NEI CONFRONTI DI MARCHIONNE
Persona non grata alla Casa Bianca, in seguito alla decisione di chiudere stabilimenti negli Stati Uniti perché impropri al passaggio all’elettrico e all’ibrido e senza sostanzialmente ridurre le attività produttive in Messico e Canada e avendo sfidato il sindacato che ha reagito con 40 giorni di sciopero costati al costruttore di Detroit circa 4 miliardi dollari, Barra è un po’ sotto assedio.
Marchionne è stato responsabile dell’ideazione, esecuzione e sostegno di una attività fraudolenta
Craig Glidden, il responsabile legale di Gm
Sicché l’annuncio di General Motors di fare causa a Fca, accusandola di aver corrotto membri del sindacato Uaw (United Auto Workers), non ha colto di sorpresa rappresentando un eccellente strumento di distrazione di massa. Una legittima domanda è: l’attacco frontale e durissimo nei confronti del defunto ad di Fiat Chrysler è solo frutto della esasperazione di Mary Barra o il capo del servizio legale Craig Glidden ci ha messo del suo?
Mary Barra, ceo di General Motors (foto di Bill Pugliano/Getty Images).
Parlando con i giornalisti, Glidden non solo ha detto che «il signor Marchionne è stato una figura centrale nel complotto», ma, sferrando un uppercut degno di George E. Foreman, ha sentenziato quasi sillabando le parole: «Marchionne è stato responsabile dell’ideazione, esecuzione e sostegno di una attività fraudolenta». Con buona pace dei ripetuti richiami all’etica, morale, principi dei quali sono disseminati i discorsi pubblici di Marchionne con tanto di citazioni saccheggiate, che aveva a suo tempo fatto notare malignamente qualcuno, dalle numerose raccolte di frasi celebri.
L’EX FCA IACOBELLI GIÀ IN GALERPER CORRUZIONE
Nell’avviare la causa, Gm ha naturalmente chiamato in causa chi è già stato condannato. Tra questi, spicca l’ex capo delle relazioni sindacali di Fiat Chrysler, Alphons (Al) Iacobelli, che sta scontando una pena di cinque anni e mezzo in una prigione federale. Finora è passata la tesi che Iacobelli abbia agito in proprio e all’insaputa di Marchionne, un ceo celebre per lasciare zero spazio di manovra ai suoi sottoposti. Tra l’altro, nella causa presentata alla corte distrettuale a Detroit, Gm sostiene che sono state pagate tangenti per corrompere le trattative fra il Uaw e le case automobilistiche statunitensi tra il 2009 e il 2015.
Iacobelli, “dimesso” all’improvviso da Fca, dopo qualche mese fu arruolato da Gm per occuparsi sempre di relazioni con il sindacato
Ad aggiungere una nota di bizzarra, c’è il fatto che Iacobelli, “dimesso” all’improvviso da Fca, dopo qualche mese fu arruolato da Gm per occuparsi sempre di relazioni con il sindacato. Sarà interessante seguire come si comporterà Iacobelli alla luce delle sferzanti accuse di Gm contro Marchionne. Così come è interessante osservare la progressiva e rapida crescita delle voci che fortemente ridimensionano il fenomeno Marchionne.
L’ELENCO DEI “PASTICCI” DI MARCHIONNE DI AUTOMOTIVE NEWS
L’autorevole settimanale di Detroit Automotive News, in un recente editoriale, ha elencato alcuni dei pasticci (messes) lasciati da Marchionne: le violazioni delle emissioni già sanzionate dall’Agenzia per la Protezione Ambientale e ancora oggetto di attenzione da parte del ministero di Giustizia. Lo stesso che continua a seguire la vicenda delle vendite di auto “gonfiate” ad arte e denunciate da alcuni concessionari. Concessionari che sono esasperati perché forzati di acquistare veicoli a fronte di un mercato americano dell’auto non certamente florido.
I motori di Fca inquinano e il costruttore anglo-olandese ha dovuto acquistare da Tesla per 1,8 miliardi di euro crediti di inquinamento, al fine di evitare multe. Senza dimenticare la brutta storia di corruzione che vede protagonisti alti dirigenti e sindacalisti. Nei giorni scorsi, lo Stato della California ha annunciato che veicoli di Fca, Gm e Toyota non saranno più acquistati dagli enti pubblici dell’importante stato americano. Si tenga presente che tra il 2016 e il 2018, le flotte pubbliche californiane hanno acquistato veicoli per un valore di oltre 58 milioni di dollari. Motivo della decisione, Fca ha deciso di appoggiare la politica di Donald Trump al quale notoriamente non interessa la difesa dell’ambiente.
LA FAMA DI DIVORATORE DI MANAGER DELL’EX AD FCA
Recentemente, il sociologo Enrico Finzi, fondatore e responsabile di Sòno Human Tuning, ha così nominato Marchionne: «Lo ricordo così: umanamente sgradevole, talora sadico, sempre feroce, durissimo (e perciò ammirato dai corifei del potere), certo più capace della gran parte dei manager nostrani. Preso dal complesso di Crono, costrinse ad andarsene Luca de Meo, il suo giovane manager più brillante, prima adorato e poi ostacolato solo perché divenne geloso della crescita di notorietà dell’ex-pupillo. Così divorò altri ‘suoi‘ dirigenti, sottoponendo tutti gli altri a un super-sfruttamento feudale, di chi voleva affermarsi ogni ora del giorno e della notte come il Re Sole».
Peugeot ha comprato Fiat-Chrysler perché interessata al mercato americano. Comanderanno i francesi e gli unici a guadagnarci sono gli azionisti
L’ex top manager del gruppo Fiat, Riccardo Ruggeri, ha così liquidato la trattativa Fca-Psa: «Ma quale matrimonio con Psa? Gli Agnelli hanno venduto Fca. Smettiamola di raccontare balle. Peugeot ha comprato Fiat-Chrysler perché interessata al mercato americano. Comanderanno i francesi e gli unici a guadagnarci sono gli azionisti». E sempre a proposito della vicenda Fca-Psa, nessuno osa rispondere al seguente interrogativo: quando ci sarà da decidere la sorte, la chiusura degli stabilimenti in Italia (Pomigliano d’Arco, Termini Imerese, Melfi e chi più ne ha, più ne metta), secondo voi prevarrà la volontà e la decisione dei sei consiglieri (su 11) della corporation francese, oppure prevarrà la tesi di una società che ormai è olandese, londinese e americana?.
CON LA FUSIONE FCA-PSA STABILIMENTI ITALIANI A RISCHIO
Chi può trarre beneficio da questa ondata anti-Marchionne è certamente Carlos Tavares, capo di Psa, per almeno due motivi: più si infrange l’immagine di Marchionne e meno si ricorre al paragone tra i due; un esercizio che, dicono in Psa, irrita fortemente il manager portoghese. In secondo luogo, l’attacco di Gm dovrebbe continuare a tenere sulla graticola il titolo azionario Fcau. Minore la capitalizzazione, minore il premio che dovrebbero incassare gli azionisti di Fca, inprimisExor e i 200 e passa membri del clan Agnelli, Elkann, Nasi, Camerana, ecc.
Operai Fiat davanti allo stabilimento di Pomigliano (foto di MARIO LAPORTA/AFP via Getty Images).
Chissà, forse l’articolo a firma Emmanuel Botta sul numero di questa settimana del settimanale francese L’Express sotto il titolo Fiat Chrysler: le magicien John Elkann rischia di essere uno degli ultimi pezzi che il cosiddetto “giovane” presidente di Fca e Exor può collezionare. Più la trattativa finalizzata all’acquisto di Fca (meno la piccola e tecnologicamente modesta Comau) andrà avanti e più emergeranno i problemi dell’ex casa automobilistica italiana.
Carlos Tavares si è impegnato a non toccare i marchi e i siti italiani le cui fabbriche utilizzano solo il 50% delle loro capacità. Dove troveranno i promessi risparmi per 3,7 miliardi di euro?
La già stagionata gamma di prodotti continuerà a invecchiare accentuando l’allentamento di clienti dalle concessionarie e la necessità di aumentare gli incentivi svilendo ulteriormente l’immagine e il valore dei marchi. Chrysler docet. Stando alle dichiarazioni ufficiali, Tavares avrà a disposizione 22 piattaforme, 14 marchi Fca e 54 fabbriche. Psa ha “ripulito” le sue strutture industriali. Carlos Tavares si è impegnato a non toccare i marchi e i siti italiani le cui fabbriche utilizzano solo il 50% delle loro capacità. Dove troveranno i promessi risparmi per 3,7 miliardi di euro? Quanti colletti bianchi Fca dovranno saltare?
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Fiat-Chrysler respinge le accuse di corruzione arrivate da General Motors: «Un diversivo mentre diventiamo sempre più forti anche grazie al piano di fusione con Psa». Però il titolo a Piazza Affari perde quasi il 4%.
Fca ha comunque definito la questione «un tentativo senza basi di distogliere l’attenzione dalle sfide proprie di quell’azienda». E ha parlato di «sconcertante manovra» che «viene in un momento in cui Fca sta dimostrando di essere un concorrente sempre più forte» con il progetto di fusione con Psa, il gruppo a cui appartengono i marchi Peugeot, Citroën, DS, Opel e Vauxhall Motors.
«UN MOMENTO IN CUI STIAMO AVENDO SUCCESSO»
Fiat-Chrysler ha sottolineato come tutto sia accaduto «mentre Fca continua a creare importante valore per tutti i suoi stakeholder, implementando con successo la sua strategia di lungo periodo. Ciò comprende il suo piano di fondersi con Psa, che per parte sua ha completato con successo il risanamento delle attività europee che ha recentemente acquistato dalla General Motors».
Fiat-Chrysler ha fiducia che prevarrà nel difendersi da queste accuse in tribunale e intende avvalersi di tutte le tutele disponibili
Una nota di Fca
Insomma «Fca si occuperà di questo straordinario tentativo di creare un diversivo nei modi dovuti e continuerà a concentrarsi sul produrre risultati record e realizzare la sua entusiasmante visione del futuro dell’industria automobilistica. Fiat-Chrysler ha fiducia che prevarrà nel difendersi da queste accuse in tribunale e intende avvalersi di tutte le tutele disponibili in risposta a questa causa senza fondamento».
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Anche Marchionne accusato di aver dato tangenti allo United auto workers per condizionare le trattative sul contratto di lavoro. La replica: «Vogliono fermare la nostra proposta di fusione con Psa».
E ora si passa alle vie legali. General Motors fa causa a Fiat–Chrysler, accusandola di corruzione con lo United auto workers, il potente sindacato americano dei metalmeccanici. La notizia è stata riportata dall’agenzia Bloomberg.
TRATTATIVE “INCRIMINATE” TRA IL 2009 E IL 2015
Fca ha sempre negato di essere stata a conoscenza della cospirazione fra tre suoi ex manager con funzionari dell’Uaw per indebolire le norme sul lavoro. Gm accusa Sergio Marchionne di essere ricorso a tangenti per corrompere le trattative sul contratto di lavoro fra il Uaw e le tre case di Detroit fra il 2009 e il 2015.
LA DIFESA: «STUPITI, UNA CAUSA SENZA MERITO»
Fiat-Chrysler si è detta «stupita» dall’azione legale «sia per i contenuti sia per la tempistica». Il commento affidato a una nota: «Possiamo solo presumere che sia per fermare la nostra proposta fusione con Psae le trattative con lo United auto workers». E quindi «intendiamo difenderci in modo forte contro questa causa senza merito e perseguire tutti i rimedi legali per rispondere».
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Braccio di ferro tra il Golden State e alcune case automobilistiche. Il governo di Sacramento ha vietato gli acquisti per le auto dello Stato dai produttori vicini alle politiche di Trump sulle emissioni.
La California è passata al contrattacco e vietato gli acquisti di auto prodotte dalle case automobilistiche che si sono schierate con l’amministrazione Trump nella battaglia sulle emissioni. Si tratta di General Motors, Fca, Toyota e altri costruttori, le cui vetture non potranno più essere acquistate dalle agenzie del Golden State a partire probabilmente da gennaio 2020.
«Le case automobilistiche che hanno scelto di schierarsi sul lato sbagliato della storia perderanno il potere di acquisto della California» ha affermato il governatore dello stato, Gavin Newsom sfidando Donald Trump, ‘colpevole’ a suo avviso di voler abbassare gli standard sulle emissioni e strappare allo stato l’autorità di fissare i propri target in termini di inquinamento.
Non è chiaro quale sarà l’impatto preciso della decisione della California sui conti delle case automobilistiche ‘boicottate’: secondo i dati del New York Times il governo dello Stato conta su 51.000 auto, ma ne acquista 2.000-3.000 l’anno. Dei veicoli in suo possesso circa 14.000 sono Ford, 10.000 sono Gm, 4.000 Fca e 1.200 Toyota. Secondo Automotive News, fra il 2016 e il 2018 la California ha acquistato auto Gm per 58,6 milioni di dollari, Fca per 55,8 milioni di dollari, Toyota per 10,6 milioni di dollari e Nissan per 9 milioni.
POSSIBILI ACQUISTI DIROTTATI SU BMW, FORD E VOLKSWAGEN E HONDA
La Casa Bianca non ha commentato la sfida della California. Gm si è limitata, con un suo portavoce, a precisare che il divieto ridurrà la possibilità di scelta dello Stato in termini di auto economiche e pulite. Ma Sacramento non è sembrata impaurita e ha ritenuto di poter contare su una vasta scelta visto il numero di case automobilistiche che ha sposato la causa della California sulle emissioni: le agenzie statali potranno infatti acquistare più Bmw, Ford, Volkswagen e Honda, i costruttori che hanno sposato la battaglia dello Stato per auto più verdi.
IL BRACCIO DI FERRO TRA CALIFORNIA E WASHINGTON
Lo scontro fra la California e l’amministrazione Trump sulle emissioni ha avuto come risultato quello di spaccare l’industria automobilistica. Bmw, Honda, Volkswagen e Ford hanno raggiunto un accordo con lo Stato per seguire le sue regole sulle emissioni, le più stringenti negli Stati Uniti. Gm, Fca e Toyota hanno invece scelto di schierarsi con Trump nella convinzione che sia il governo federale e non la California a dover dettare gli standard sulle emissioni di auto e mezzi pesanti. Posizioni contrastanti che rischiano di aver come effetto solo quello che siano i consumatori e l’ambiente a pagarne le conseguenze.
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All'erede Agnelli così deciso a vendere ai francesi non deve importare molto del lascito dell'Avvocato che si è sempre rifiutato di cedere la Fiat. Il che non fa che confermare la teoria di Schumpeter.
Sulle imprese familiari spira il cupo presagio della loro morte con l’arrivo della terza generazione. Non solo Joseph Schumpeter, dalla cattedra di imprenditorialità a Harvard, nel 1929, lanciò la “sua” maledizione alle terze generazioni, ma sono i numerosi detti popolari e i proverbi ad avere cementato questa credenza.
Dal cinese «Fu bu guo san dai» (la ricchezza non sopravvive mai a tre generazioni) allo spagnolo «la prima generazione commercia, la seconda è benestante, la terza mendica», dal tedesco «di rado le terze generazioni fanno bene» ai proverbi americani «three generations from overalls to overalls» (tre generazioni dalla tuta alla tuta) e «from shirtsleeves to shirtsleeves in three generations» (dalle stalle alle stalle in tre generazioni, ovvero la prima generazione crea, la seconda mantiene, la terza distrugge).
Gianni Agnelli.
L’ISTINTO DIFENSIVO DELL’AVVOCATO AGNELLI
Ne era più che consapevole l’avvocato Gianni Agnelli come ricorda il professor Giuseppe Berta nella biografia scritta per il Dizionario biografico degli italiani della Treccani: «Nel 1985, (Agnelli) si ritrasse dall’intesa con la Ford perché quest’ultima avrebbe voluto avocare a sé la quota azionaria di maggioranza della nuova società 10 anni dopo il suo avvio. Un istinto difensivo lo trattenne dall’impegnarsi in un’iniziativa che, al di là dei patti originari, non si sarebbe comunque potuta predeterminare nei suoi sviluppi, a motivo delle caratteristiche che distinguono un settore industrialecomplesso come l’automobile. Nel 2000, una preoccupazione analoga, acutizzata con il tempo dal desiderio di Agnelli di non venire meno al lascito del nonno, impedì alla Fiat di accettare l’offerta della Daimler-Chrysler, interessata a rilevare il controllo della sua divisione automobilistica».
È di quegli anni il consiglio del padre-padrone di MediobancaEnrico Cuccia all’Avvocato: «Venda tutto a Daimler». «E che ci farei?», confidò Gianni Agnelli a Marcello Sorgi allora direttore de La Stampa. «Ritirarmi nell’isola di Tonga seduto su un pacco di miliardi?». Forse è ancora presto per sapere se John Philip Jacob Elkann presiederà i consigli d’amministrazione della più che probabilePsa&Fca N.V.collegandosi in videoconferenza dall’isola nel Pacifico.
Ma una cosa è certa: del lascito del co-fondatore della Fiat, a Elkann non deve importare molto essendo determinato a vendere la casa automobilistica ai francesi. Vero che, anagraficamente, Elkann rappresenta la quinta generazione. Ma, dal punto di vista operativo, John conferma perfettamente la “maledizione” di Schumpeter. Infatti, l’ingegnere, nato a New York il primo aprile 1976, è il terzo esponente della famiglia a presiedere Fiat dopo il primo Giovanni Agnelli e il nonno Gianni. Come noto, la seconda (Edoardo Agnelli) e la quarta (Margherita e Edoardo) generazione saltarono il turno.
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Dopo la fusione-cessione, il futuro ad di Psa & Fca procederà con una serie di tagli replicando su più ampia scala quanto già fatto in Peugeot e Opel/Vauxhall. E i primi destinatari saranno i colletti bianchi.
Per quanto tempo John Elkann avrà in tasca un biglietto da visita con su scritto Chairman of the board di Psa & Fca N.V.? Meno o più di due anni come è successo con Partner Re, la società delle riassicurazioni che Elkann acquisì nel marzo 2016 pagando ben 6,9 miliardi di dollari? Tra l’altro, quella operazione fu condotta all’insaputa di Sergio Marchionne che notoriamente mal digerì quello sconcertante esborso di denaro che l’ad italo-canadese considerò «sottratto a Fca».
TAVARES NON SOPPORTA IL PARAGONE CON MARCHIONNE
Sempre a proposito di apparato digerente e sistema nervoso, fonti francesi sostengono che anche il futuro ad di Psa & FcaCarlos Tavares, così come Carlos Ghosn, già ad di Renault-Nissan, del quale il dirigente d’azienda portoghese fu a suo tempo braccio destro, non sopporta essere paragonato a Sergio Marchionne e, peggio, descritto come uno scimmiottatore delle due ex “prime donne”. Si sa che l’ego dei Ceo dell’industria automobilistica non ha pari. E l’ingegner Elkann, che ha molto patito la strabordante presenza di Marchionne, dopo questa breve stagione che gli sta offrendo le luci dei riflettori e una ribalta, si prepari a dover fare un passo indietro rispetto allo strabordante Tavares.
Il Ceo di Fca Mike Manley e John Elkann.
FCA-PSA, UNA CESSIONE DESCRITTA COME “FUSIONE PARITETICA”
Ma andiamo con ordine. È chiaro che John Elkann ha fretta di chiudere e firmare la vendita di Fca a Psa. E che si tratti di una cessione, sia pure descritta come «fusione paritetica (50/50)», è dimostrato anche da quello che recita il comunicato stampa congiunto del 31 ottobre: «Il consiglio di amministrazione sarebbe composto da 11 membri. Cinque membri del cda sarebbero nominati da Fca (incluso John Elkann in qualità di presidente) e cinque da Groupe Psa (incluso il Senior independent Director e il vice presidente)». Ma attenzione a quello che segue: «Carlos Tavares sarebbe Chief executive officer, oltre che membro del cda, per un mandato iniziale di cinque anni». In altre parole: 6 consiglieri targati Psa e 5 Fca. Chiaro che non si tratta di una merger of equals.
Carlos Tavares.
D’altro canto, non è un mistero che la penuria di investimenti in nuovi prodotti e tecnologie insieme con il fiasco di nuovi modelli (tra i quali Dodge Dart, Chrysler 200, Dodge Viper, Alfa Romeo Giulia e Stelvio, Maserati Levante) della gestione improntata alla finanza di Marchionne abbiano posto Fca in una situazione di manifesta, forte debolezza.
ALFA ROMEO BRAND “LOCALE”
Quanto alla gestione dei 15 marchi (Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Fiat Professional, Jeep®, Lancia, Ram, Maserati, Peugeot, Citroën, DS, Opel e Vauxhall) del neo-costruttore olandese, l’ad di Fca Mike Manley ha provveduto, nella conference call di giovedì 31 ottobre, ad aggiungerne uno alla lista di quelli non globali e, dunque “regionali”: Alfa Romeo. Non un buon segnale per gli stabilimenti italiani per i quali – recita il comunicato stampa congiunto – non sono previste chiusure. Ovvio, così come scontato che le linee di montaggio continueranno a operare molto saltuariamente grazie a massicci ricorsi alla cassa integrazione. Del resto, privatizzare i guadagni e socializzare le perdite è stato un Leitmotiv della storia degli Agnelli e più in generale di molta industria italiana.
Ma chi saranno i primi destinatari dei tagli che Tavares realizzerà molto celermente? Senza ombra di dubbio i colletti bianchi: ingegneria, marketing, comunicazione, produzione, finanza e amministrazione, risorse umane le aree notoriamente in cima alla lista di ogni cura dimagrante. I pochi sopravvissuti rimasti nella palazzina uffici del Lingotto in via Nizza e i tanti a Mirafiori si considerino avvisati. Dopotutto, Tavares replicherà, su più ampia scala, quanto già fatto in casa Psa e Opel/Vauxhall.
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La segretaria della Cgil Re David: «La fusione è molto rischiosa». Conte: «Garantire livelli di produzione italiana». Le due società: «Obiettivo nessuna chiusura».
«C’è una fortissima preoccupazione per gli stabilimenti. In Italia c’è una capacità produttiva installata di 1,5 milioni di auto, ma ne vengono prodotte meno della metà. I nostri stabilimenti sono pieni di cassintegrati, la fusione è molto rischiosa», ha detto Francesca Re David, segretario generale Fiom Cgil questa mattina a Radio anch’io, Rai Radio1, secondo quanto riporta una nota della trasmissione.
«Abbiamo
bisogno di capirla e di discuterla…»,
ad Ancona il vice segretario generale della Cgil Vincenzo Colla, a
margine dell’assemblea generale del sindacato, sulla questione del
progetto di fusione tra Psa e Fiat Chrysler (Fca). «Mi
sembra»,
osserva, «che
di là ci sia un governo che sia già intervenuto e che abbia detto
‘non si toccano i lavoratori’. Forse è giunto il momento che anche
il nostro governo dica: ‘non si toccano i lavoratori’».
Da
parte loro, le due società hanno fissato come obiettivo di non
chiudere alcun impianto. «Sinergie
annuali a breve termine stimate in circa 3,7 miliardi di euro, senza
chiusure di stabilimenti»:
è uno degli obiettivi fissati nella nota congiunta diffusa dalle due
società.
«Si
conferma una propensione europea ed un grande gigante potenzialmente
europeo che è nella linea di ciò che sosteniamo»,
ha detto il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, chiaramente
ottimista riguardo alla fusione.
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Portoghese, 61 anni, ha fatto carriera in Renault e Nissan fino ad arrivare al rilancio del gruppo Peugeot-Citroen. Fama di tagliatore di costi, si è definito uno «psicopatico della performance».
Nella nuova società che Fca e Psa stanno progettando, l’attuale ad del gruppo francese Carlos Tavares, 61 anni, resterà ceo oltre che membro del consiglio di amministrazione. Il cda sarebbe composto da 11 membri: cinque saranno nominati da Fca (incluso John Elkann, che diventerebbe anche presidente) e cinque da Psa.
LA FAMA DI TAGLIATORE DI COSTI
Tavares, laureato alla Ecole Centrale di Parigi, è alla guida del Gruppo Psa dal marzo 2014, carica a cui è arrivato dopo aver occupato crescenti posizioni in Renault (1981-2004) e successivamente in Nissan, fino al 2011 quando è passato alla posizione di Coo di Renault. Il manager portoghese è riuscito in cinque anni a risollevare le sorti di Psa, un gruppo che comprende i marchi Peugeot, Citroen, Opel e Vauxhall (gli ultimi due acquistati da Gm dallo stesso Tavares). Tre figli e un passato da pilota di rally, il nuovo ad della fusione italo-americano-francese ha una fama da tagliatore di costi e di duro.
SEGUACE DELLA DOTTRINA MARCHIONNE
Cresciuto in Renault sotto l’ala dello squalo Carlos Ghosn e seguace della dottrina Marchionne, viene spesso descritto come devoto al profitto. Lui stesso ha dichiarato, già alla guida di Psa, di considerarsi insieme alla sua squadra «psicopatici della performance». Una definizione che sarebbe probabilmente calzata anche al manager marchigiano.
FUTURO BRILLANTE PER LA SOCIETÀ
«Questa convergenza crea un significativo valore per tutti gli stakeholder e apre a un futuro brillante per la società risultante dalla fusione», ha detto dopo l’annuncio dell’accordo, «sono soddisfatto del lavoro fatto finora con Mike (Manley, ndr) e sarò molto felice di continuare a lavorare con lui per costruire insieme un grande gruppo».
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Piazza Affari attende l'annuncio ufficiale delle nozze Fca - Psa. Lo spread riparte da quota 134 punti, nel giorno della manovra in parlamento. I listini in diretta.
Attesa anche per l’andamento dello spread, che nel giorno dell’ultimo vertice di maggioranza sulla manovra, ha chiuso in rialzo a quota 134 punti base. La legge di bilancio è attesa il 31 ottobre in parlamento.
LA GIORNATA DEI MERCATI IN DIRETTA
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Lo riporta il Wall Street Journal citando alcune fonti, secondo le quali John Elkann sarà il presidente della nuova società mentre Carlos Tavares l'amministratore delegato
Via libera alla fusione fra Fca e Psa. Lo riporta il Wall Street Journal citando alcune fonti, secondo le quali John Elkann sarà il presidente della nuova società mentre Carlos Tavares l’amministratore delegato. Il consiglio di amministrazione di Psa ha approvato la fusione e quello di Fca è in programma – riporta il Wall Street Journal – nella serata di mercoledì 30 ottobre. I governi americano e francese sono stati informati dell’accordo fra Fca e Psa.
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Fiat e Chrysler non possono stare in piedi da sole a causa anche degli errori di Marchionne. La casa torinese non ha tecnologie e modelli appetibili. A Elkann conviene uscire dall'automotive. Tavares ha un'ambizione smisurata. Gli stabilimenti e l'indotto italiani arrancano. Le poche certezze da ricordare in vista di un possibile accordo.
Le tifoserie della losanga e del leone, insieme con gli scommettitori, da mesi si fronteggiano intorno a quello che resta di Fiat e Chrysler. Sull’esito del confronto predominano scetticismo e insicurezza. Improbabile non riconoscere certezza su almeno cinque cose.
1. FIAT E CHRYSLER NON STANNO PIÙ IN PIEDI DA SOLE
Primo: Fiat e Chrysler non stanno in piedi da sole tant’è che all’ad di Fca, l’inglese Mike Manley, viene universalmente riconosciuto uno spiccato senso dell’umorismo britannico quando afferma: «Dopo la cessione di Magneti Marellisiamo in una posizione finanziaria molto più forte che in passato e siamo fiduciosi nelle iniziative industriali contenute nel nostro piano quinquennale. Penso che il nostro obiettivo principale sia quello di eseguire il piano restando indipendenti». In sintesi, dice Manley: Fca non ha bisogno di partner.
2. FCA NON HA NÉ TECNOLOGIE APPETIBILI NÉ PRODOTTI NUOVI
Secondo: comunque sia, qualunque siano le parole usate nelle comunicazioni ufficiali, Fca deve essere venduta. Non ha tecnologie appetibili sue, non ha prodotti nuovi vendibili in tutto il mondo, non ha piattaforme valide, ha una gamma prodotto ben stagionata.
3. GLI ERRORI (DIMENTICATI) COMMESSI DA MARCHIONNE
Terzo: Questa è la vera eredità lasciata da Sergio Marchionne, per 14 anni al timone e con pieni poteri di Fiat, il quale aveva promesso – tra la marea di promesse disattese – la vendita di almeno 7 milioni di autoveicoli a fine 2018. Con buona pace per chi prosegue roadshow dove si predica la beatificazione del finanziere italo-canadese e per gli amministratori che dedicano strade, piazze e scuole a un non salvatore di quella che è stata la principale casa automobilistica italiana.
Quarto: attenzione al prorompente ego del presidente e direttore generale di Groupe Psa (Peugeot Société Anonyme), Carlos Tavares. Avvantaggiato dalla scomparsa dai palcoscenici dell’industria dell’auto di “prime donne” quali Carlos Ghosn (Renault-Nissan), Sergio Marchionne (Fca, Cnh, Ferrari, Sgs), Martin Winterkorn e Ferdinand Karl Piëch (Volkswagen), Dieter Zetsche (Daimler AG) e avendo come colleghi in attività personaggi più o meno fortemente incerottati se non claudicanti e comunque inabili a bucare lo schermo, il dirigente d’azienda portoghese ha una voglia matta di proseguire nella scalata dell’empireo.
Il Ceo di Fca Carlos Tavares.
5. I PRO DELL’USCITA DI ELKANN DALL’INDUSTRIA DELL’AUTO
Quinto: il pluri-presidente di Exor N.V., Fiat Chrysler Automobiles N.V., Giovanni Agnelli B.V. e Ferrari N.V., John Philip Jacob Elkann, con la vendita di Magneti Marelli, ha esaurito le fonti di dividendi e azioni da distribuire agli azionisti, in primis alla larga schiera di familiari le cui sorgenti di reddito non sono molto variegate. Uscire dall’industria dell’auto, notoriamente famelica di investimenti, potrebbe consentire lo stacco di cedole e mantenere a bada e pasciuti parenti vicini e lontani. Sempreché non continui a svenarsi per conquistare società finanziarie che arricchiscono più i venditori degli acquirenti. Elkann ha già acquisito una certa esperienza in questo campo.
Dalla possibile fusione di Psa e Fca nascerebbe un colosso dal valore di 50 miliardi di dollari.
STABILIMENTI ITALIANI RIDIMENSIONATI
Losanga o leone un altro aspetto molto critico appare certo: il forte ridimensionamento degli stabilimenti italiani. Già oggi, il ricorso alla cassa integrazione prevale. I giorni di lavoro sono sempre più rari. È l’inevitabile conseguenza della decisione di Sergio Marchionne di non investire in nuovi prodotti e tecnologie. Inoltre, è sempre più difficile trovare giovani interessati a lavorare alle linee di montaggio. Il massiccio ricorso alla cassa integrazione alleggerisce la già all’origine leggera busta paga di un metalmeccanico. Infatti, l’età media degli addetti in linea nelle fabbriche italiane è piuttosto elevata.
Uno stabilimento Fca.
INDOTTO IN CRISI NELL’INDIFFERENZA GENERALE
Un’altra conseguenza riguarda l’indotto. Aziende che fanno parte della fornitura di componenti di secondo e terzo livello sono da tempo allo stremo. Singolarmente, non fanno notizia, ma il sistema automotive della penisola è in forte crisi nella quasi totale indifferenza generale, quella della politica inclusa. Intanto, gli amanti delle addizioni collezionano la somma di vendite, dipendenti, fatturati, capitalizzazioni, e così via di Fca o con Psa o con Renault-Nissan. Qualche inciampo emerge quando si cerca di spiegare i vantaggi derivanti dall’acquisizione di Fca da parte, per esempio, di Groupe Psa.
Per carità, così come Marchionne affermò di credere nel ritorno di Fiat, Alfa Romeo e Maserati negli Usa (e sono ben noti i disastrosi risultati nonostante ingenti investimenti pubblicitari e gli imbarazzanti motivi di natura ingegneristica che costringono Fca a richiamare i veicoli in Nord America), non deve sorprendere l’anelito di Tavares per il rientro di Peugeot negli Stati Uniti. Forse, il portoghese dovrebbe (con umiltà?) analizzare bene i clamorosi errori commessi dal defunto ceo italo-canadese.
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Secondo il Wall Street Journal, Fiat Chrysler avrebbe aperto un tavolo con il gruppo che controlla Peugeot. Si creerebbe un gigante da 50 miliardi. Il 30 ottobre il cda del colosso francese.
Fiat Chrysler Automobile starebbe discutendo per una possibile fusione con Psa (gruppo proprietario tra le altre di Peugeot, Citroen e Opel) per una fusione. A riportare l’indiscrezione è il Wall Street Journal. Secondo il quotidiano americano si creerebbe un gigante automobilistico del valore di 50 miliardi di dollari. Secondo il Wsj, la discussione è ancora in corso e l’opzione non è solo la fusione.
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